
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Alla guida del Comune fino alla primavera del 2016. Giovanni Gaspari avrebbe ribadito questa intenzione alla sua maggioranza nel corso della riunione di mercoledì sera.
Una volontà che, se confermata, escluderebbe definitivamente il sindaco dalla corsa per un posto in consiglio regionale, a tutto vantaggio dell’assessore Fabio Urbinati, nome che i renziani sposano da mesi.
Ma per ora tutto è fermo, almeno fino a quando non verrà individuato il candidato alla presidenza di Palazzo Raffaello. Gli aspiranti consiglieri restano così in stand-by, senza sbilanciarsi troppo, perché le carte in tavola potrebbero mutare in base alle mosse del partito.
Il Pd ha tempo sino al weekend per individuare una figura capace di accontentare tutte le anime, altrimenti verrà immediatamente indetta la data delle primarie.
Le chance del sindaco sambenedettese sono strettamente legate alle sorti di Gian Mario Spacca, ad oggi tagliato fuori dai giochi. Una fronda degli iscritti ritiene inoltre non spendibile l’immagine del primo cittadino a livello mediatico, considerata la sua recente condanna in Appello da parte della Corte dei Conti. Ci sono poi i Socialisti, che mettono il veto sul terzo mandato del governatore uscente e intendono riproporre per le elezioni il ticket con i Verdi, varato con successo nel 2011.
Durante il confronto si è pure buttato un occhio alle Amministrative dell’anno prossimo. Il centrosinistra intenderebbe costituire tavoli di lavoro pubblici (già promessi dalla segretaria Pd Sabrina Gregori in campagna elettorale e mai varati) per la realizzazione del programma di mandato. Verrebbero invitati professionisti ed esponenti culturali, anche non iscritti, per dare consigli sulla città del domani.
Nel frattempo, il Pd dovrà abbandonare la sede di Via Balilla. Il trasloco partirà domenica prossima, all’indomani dello sfratto inoltrato dal Comune di Montalto, proprietario del locale. Il contratto fu stipulato nel 2006 dall’associazione Uniti dell’Ulivo e il buco ammonterebbe a 8 mila euro.
Una cifra contestata dal Pd, che rimarca le distanze da quell’operazione e riconosce l’esistenza di arretrati, ma non superiore ai 4 mila euro. Il partito, che pagava un affitto di 225 euro al mese, può comunque contare sulla struttura di Via Manara, di cui è proprietario.
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