Dal numero 1012 di Riviera Oggi

Pietro Rosetti, detto Bistecca, è attore e testimone di un’epoca oggi irripetibile e che sta scomparendo. Un racconto del lavoro a bordo dei pescherecci, solcando tanti mari in tempesta, fino ad arrivare al salvataggio dei bagnanti sulle rive del mare Adriatico. A sette anni girava la ruota dei funai. A dodici era già in spiaggia ad aiutare la madre bagnina. A venti imbarcato come motorista e tuttofare sui pescherecci. Ha girato dal Marocco all’Iran, dall’Iraq alle spiagge di Tripoli.

E’ divenuto poi gestore dello stabilimento balneare di famiglia Antares-Da Giulio. Una vera leggenda del mondo dei balneari. Bistecca è stato protagonista di numerosi salvataggi. Dai personaggi famosi (come il critico Lello Bersani ed Enzo Staiola, il famoso bambino del film Ladri di biciclette) alle persone comuni. Anche di belle donne che a volte facevano finta di affogare soltanto per essere salvato da lui. Una carriera degna di un romanzo. Nel 1999 ha avuto il prestigioso riconoscimento di Bagnino d’Italia.

Pietro Rosetti ha voluto narrare delle sue gesta attraverso un libro. “Un testo dove molti sambenedettesi si riconosceranno nella mia figura. Ne sono certo.” a detta dello stesso Bistecca. L’Itb di Giuseppe Ricci (cugino di Pietro) ha voluto adottare questo volume. “I nostri figli, nipoti e tutti i cittadini devono capire che cosa è la vita del mare e cosa si perderà se il nostro turismo finirà in mano a multinazionali o di affaristi estranei alla nostra cultura” ha commentato il presidente dell’associazione.

Il libro è stato presentato a livello nazionale il 25 ottobre nella sala convegni della Fiera di Rimini durante il SunRimini. Davanti a numerosi politici. Sono stati distribuiti alla numerosa platea presente oltre 200 volumi. Il 12 dicembre avverrà, nella sala consiliare del Comune di San Benedetto, la presentazione locale. Pietro Rosetti è, quindi, il simbolo di una vita che è comune a tante altre vissute sulle spiagge italiane e ne racconta un’epopea che ha segnato un pezzo della cultura e della storia della nostra città.

Ci racconti la sua affascinante storia.

“Sono nato il 25 aprile del 1945. Mia madre aveva cinque figli e con mio padre tirava avanti alla meno peggio. All’età di sette anni noi bambini già lavoravamo e andavamo a scuola. La mattina alle cinque scattava la mia sveglia. D’inverno si moriva di freddo e d’estate si soffocava dal caldo. Io ero affidato al funaio. L’uomo si legava la canapa ai fianchi e s’iniziava il lavoro. Io giravo la ruota e lui camminava all’indietro filando la canapa che diventava spago. La girata doveva essere della stessa velocità e intensità. Un cambiamento portava lo spezzamento dello spago e anche uno schiaffone. Mia nonna, Stella Guidotti detta Stelluccia, faceva la bagnina allo stabilimento ‘Bagni’. Insieme a mia madre Luigina Ricci si trasferì in un punto della spiaggia, più a sud, in direzione della fontanina (e che ora si trova nella pineta). Con alcune cabine di legno realizzarono lo stabilimento ‘Stella’. Quando mia nonna e mia madre lasciarono questa Terra, quei dieci metri di spiaggia rimasero a noi figli e lì ho cominciato a scrivere la mia storia e le mie avventure. Una vita scandita dalla fatica e dal mare. Per tutti gli anni 50, 60 e 70 sistemavamo sulla spiaggia sdraio e ombrelloni e al tramonto li rimettevamo in cabina. Pulivamo la sabbia passandola al setaccio e separandola da carta e mozziconi di sigarette. Ora è tutto diverso. La sera si lascia tutto sulla spiaggia e nonostante la vigilanza notturna si trovano a volte sgradite sorprese causate dalla delinquenza e dalla maleducazione. Grazie a mia madre ho trovato la passione e l’amore per fare questo mestiere”.

Da che cosa deriva il soprannome Bistecca?

“Da giovane ero un ragazzo magrissimo. Fino ai venti anni si potevano contare tutte le mie costole. Per questo motivo qualche mio amico iniziò a chiamarmi Bistecca. E da quella volta è il mio affezionato nome e quasi non ricordo più quello reale”.

A vent’anni è stato imbarcato come motorista e tuttofare sui pescherecci. Ha viaggiato davvero in lungo e largo. Ci vuol raccontare qualche aneddoto?

“Ho visto posti e mari meravigliosi. Un vero privilegio per me. Paesaggi che sia all’alba sia al tramonto ti lasciavano senza fiato per la loro bellezza. È stato un periodo faticoso ma straordinario. Comunque voglio ricordare due episodi. Nel 1968 ero imbarcato sul motopesca Onda. Eravamo nel mare del Marocco e finita la pesca dovevamo recarci nel porto di Dakar. Prima di lanciare la pesca individuammo una zona piena di tonni. In poco tempo il capitano si accordò con un acquirente via radio. Avremmo ricevuto un dollaro per tonno. Pescammo 850 tonni. Non si faceva in tempo a buttar giù le reti che era già necessario ritirarle su. Consegnammo il pescato al cliente e ci spartimmo con soddisfazione 850 dollari. Qualche giorno dopo capitò lo stesso affare. Lo stesso acquirente chiese di pescare nuovamente il tonno e ci recammo in una zona ricca. Stavolta ne pescammo ben 1200. Ma al momento del pagamento il cliente non volle mantenere l’accordo e cercò di convincere il capitano per mezzo dollaro a tonno. Noi eravamo uomini di mare e d’onore. Una parola con stretta di mano per noi era un impegno preso e l’accordo doveva essere rispettato. Così per mezzo dollaro decidemmo di ributtare in mare tutto il pescato e l’avventura dei tonni finì. Il secondo episodio accadde nel 1969. Ero imbarcato sul Sardatlantico III. Fu un anno dove le pescate di seppie furono abbondanti. A bordo ogni tanto si scherzava e rideva. Un amico mi chiamò e mentre mi avvicinai, mi puntò una seppia. Accarezzò il ventre e il mollusco spruzzò dell’inchiostro nero che colpì i miei occhi. Specialmente quello destro. Sul momento la presi a ridere e mi sciacquai l’occhio con l’acqua salata. Però poi cominciò a bruciare sempre di più e qualche giorno dopo non riuscivo più ad aprirlo. Andai dal mio comandante che si spaventò nel vedermi. Disse che l’occhio si era infettato e mi mise delle gocce. Andai per quindici giorni all’ospedale di Las Palmas, dove fui curato. Tornai a San Benedetto e mi dissero che la situazione era peggiorata e che solo a Bologna o Milano avrebbero potuto fare qualcosa. Andai a Milano e vi rimasi venti giorni. Purtroppo quell’occhio non rivide più la luce, la retina era ormai bruciata. Non persi il mio lavoro solo grazie al mio amico Giuseppe Brandimarte che si offrì di presentarsi al mio posto alla visita obbligatoria per l’imbarco. Imparò nome e cognome, data di nascita e mi permise di tornare a navigare. E navigai fino al 1978. Giuseppe era un grande comandante. La sua barca, l’Albatross fu speronata al largo del porto di San Benedetto nel 1995. Ora lui è nei mari dei cieli come tutti i grandi navigatori. Lo porto sempre nel mio cuore”.

Lei in spiaggia è stato artefice di molti salvataggi. Sia di Vip sia di persone comuni. Tanto che nel 1999 una troupe della Rai la venne a cercare per un’intervista.

“Era l’agosto del 1999 e allo stabilimento Club 23 venne una troupe della Tv di stato per intervistarmi. Raccontai le mie avventure. Da quella volta che salvai Lello Bersani ed Enzo Staiola. Ma anche bambini, signori e signore di tutte le età. Ogni tanto capitava pure di sedare qualche rissa. Prendendo anche sganassoni e rischiando di affogare. Un mestiere assolutamente non facile. Ma la soddisfazione di salvare vite umane e di essere ringraziato dall’intera comunità è sempre stata grande. Tutti i bagnanti per me erano veri gioielli”.

Ma una volta capitò anche lei di essere salvato…

“Esatto. Qualche tempo fa accompagnai a bordo di un hovercraft il mio amico Massimiliano Ossini, noto presentatore Tv, in compagnia dei suoi figli. Quando fummo al largo, decisi di gettarmi tra le onde per dimostrare le mie qualità di tuffatore e nuotatore. Al momento di risalire sull’imbarcazione trovai delle difficoltà. L’hovercraft è un’imbarcazione con il bordo molto bombato, non facile da risalire. Decisi allora di tornare a riva nuotando. Ma ebbi dei problemi e cominciai a sentire la fatica. Non avevo più le forze. Il buon Massimiliano, vedendomi male, si è avvicinato con l’imbarcazione e si è sporto dal parapetto per porgermi il suo braccio. Fortunatamente Ossini è un ragazzo robusto e mi aggrappai a lui. E mi trasportò a riva tra le urla estasiate dei suoi figli. Una vera figuraccia. Massimiliano lo ringrazierò naturalmente sempre. Pensate ai titoli dei giornali se le cose sarebbero andate male. Bistecca affogato. Che vergogna”.

Il momento migliore della sua giornata?

“Quel leggero chiarore color pesca-arancio dell’aurora che accompagna i miei primi passi sulla sabbia umida alla mattina presto. Il sole che ancora non è sorto. Poi arrivo sulla riva e lui spunta fuori salutandomi. L’avrò vista 25 mila volte ma l’alba rimane per me il momento più magico dell’intera giornata”.

Come dargli torto?