
Dal numero 1011 di Riviera Oggi, in edicola.
Dove inizia il diritto del pubblico e termina quello del privato? La domanda sorge spontanea analizzando la vicenda dell’incrocio di Viale De Gasperi.
Dall’11 settembre (data che riporta alla mente tragedie di ben altre proporzioni) non si discute d’altro. Da una parte c’è l’ente, che sbarra un’intersezione per motivi di sicurezza e una migliore fluidità del traffico, dall’altra i commercianti e le loro esigenze.
A non avere le idee chiare è in primis l’amministrazione comunale, in grado di prendere una decisione e di capovolgerla nemmeno cinque minuti dopo. L’incrocio quindi riapre, riapre a metà, chiude definitivamente, viene sostituito da una rotatoria, anzi da due con scappellamento a destra.
Rimane difficile non schierarsi al fianco dei negozianti, esasperati da fughe in avanti in conferenza stampa e corse ai ripari in assise, dichiarazioni contraddittorie e rassicurazioni temporanee.
Detto ciò, va però valutato il campo d’azione del Comune. Va individuato il punto in cui terminano le facoltà del singolo cittadino e subentrano quelle del sindaco, che poi sarebbe il rappresentante dell’intera collettività. “In quella zona abbiamo investito proprio perché c’era un incrocio aperto”, hanno ripetuto i contestatori nel corso dell’assemblea dell’8 novembre. Il rispetto per gli esercenti è assoluto, soprattutto in un momento di vacche magre come questo. Ma può l’interesse (legittimo) di un’attività condizionare la vita al resto degli abitanti?
Se per un incrocio si genera questo caos, cosa accadrebbe qualora si istituisse un senso unico o una zona a traffico limitato? In questo modo il Comune si ritrova in ostaggio, impossibilitato ad attuare esperimenti che magari si rivelerebbero azzeccati, come dimostrano ad esempio le attuali situazioni di Viale Secondo Moretti o Via XX Settembre.
Senza dimenticare il discorso della soggettività: ciò che danneggia me potrebbe avvantaggiare qualcun altro, fino a quel momento penalizzato. Chi decide che il privilegio altrui vale meno?
Le barricate sono comprensibili. Il che non significa che siano condivisibili. Perché basterebbe un precedente, nonché un caso che faccia giurisprudenza, per compromettere futuri interventi altrove.
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