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Per contatti con Marco Falaschetti: markus.falas@alice.it

www.marcofalaschetti.it

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E uno, cantante. Ce ne sono tanti. E due, imitatore. Già una rarità, si dirà. E tre, trasformista. Sarà “Una Vita da Precario” quella di Marco Falaschetti, ma sicuramente non è cosa da tutti i giorni – e tutte le sere – trovare un artista così versatile e completo. Musica, pathos, ironia, sarcasmo, e anche un aggancio con una realtà confusa e triste. Ma da affrontare sempre con il sorriso (pur stretto, come in questi tempi) sulle labbra.

Fresco di un Cd recentemente pubblicato, “Una Vita da Precario” appunto il suo titolo, Marco Falaschetti coniuga in quest’ultimo lavoro l’abilità rielaborativa di brani famosi (come la title track, tratta da “Una Vita da Mediano” di Ligabue) ad uno sguardo sull’attualità politica, sociale ed economica. In più, ironia e sarcasmo a pieni versi. A metà strada tra il Tronto e Detroit.

Ma oltre il Cd, Marco Falaschetti all’opera è ideale per una serata da trascorrere in allegria. Revival anni 60-70-80, cover, e metamorfosi trasformistiche con imitazioni ad hoc. Feste, sagre, cerimonie come matromoni o anniversari o rinfreschi sono il palcoscenico ideale per l’esibizione di Falaschetti: annoiarsi è praticamente impossibile. Divertirsi, è norma.

Come nasce la tua passione per la musica e il canto?

Già da bambino, ascoltando le radio, mi piaceva cantare. Da ragazzino mi esibii in pubblico per la prima volta nel 1987, in un gruppo di amici. Ma poi effettivamente iniziai l’attività live negli anni ‘90, e realizzai un disco con gli Interzona, un gruppo di San Benedetto che ebbe un discreto successo di critica tanto da avere recensioni su magazine nazionali come Mucchio Selvaggio. Il leader del gruppo era Stefano Travaglini, bassista e autore di musiche e testi. Io, purtroppo, ero molto timido, e questo ha limitato le mie prestazioni per molti anni.

Timido? A vederti oggi, è l’ultima cosa che si penserebbe.

Eppure ero così. Non avevo le doti del front man, e questo mi penalizzava: chi canta deve muoversi, ballare, e parlare tanto con il pubblico. La timidezza mi bloccava. Mi sono sbloccato con i Maledimiele, gruppo che partecipò ad un tributo agli Afterhours. Mi sentii in obbligo di diventare un vero frontman e da quel momento in poi, come si dice, il ghiaccio era rotto. Ad esempio con l’Almus Band gruppo di amici con componenti tra il Piceno e il Fermano che eseguiva dal vivo molte cover,  e che tutt’ora si esibisce dal vivo con repertorio dance-revival divenni il punto di riferimento durante i live.

Veniamo ai giorni nostri. Prima curiosità: perché un’opera formato Cd in un mondo musicale oramai totalmente digitalizzato?

Io sono un nostalgico, ho l’impressione che stiamo andando sempre peggio e si viveva meglio prima. Così anche per il Compact Disc: sono affezionato ad una produzione concreta, con la sua consistenza e la sua grafica, nel mio caso molto ben confezionata da Jole Cottili. Insomma: voglio qualcosa che si possa toccare.

Quali sono le caratteristiche del tuo Cd?

Innanzitutto vi sono 17 tracce tra cui 9 poesie narrate. Io canto, recito e ho scritto i testi. La musica è stata realizzata con il supporto di Marco Primavera, che ha suonato tastiere, pianoforte  e chitarra ritmica, e Domenico Malatesta alla chitarra. L’idea di comporre queste canzoni è venuta ad inizio 2014, ed è stato un momento di immaginazione fluido e fiorente: ho eseguito un lavoro certosino sulla metrica e sulle rime, contanto le sillabe e verificando tutti gli accenti delle canzoni per accertarmi che fossero simili a quelle delle canzoni originali. Parliamo di pezzi di Ligabue come di Lucio Dalla e tanti altri. Soprattutto per le canzoni inglesi si è fatto un grandissimo lavoro per armonizzare suoni e parole. 

L’ascolto delle canzoni strappa risate per i riferimenti inaspettati e improvvisi.

Mi ritengo uno dei pochi artisti che manifestano la propria delusione per questa Europa, tema ricorrente nel concept album “Una Vita da Precario”. La rabbia, la frustrazione per quello che sta accadendo e per le ripercussioni sulla vita di ogni giorno, a partire da chi, come me, ha bisogno di locali e di una economia che funziona bene. Ecco allora i titoli “Se la prendo (Diavola Merkel)”, o la descrizione sarcastica della vita di provincia tra “Acquaviva e Tevere” o “da Giulianova a Detroit”, o le risposte dei titolari di locali che affermano in dialetto che “non c’è una lira”…

Il rapporto tra la provincia e l’immaginario rock risulta fondamentale.

Certo, mescolare le cittadine della zona con Detroit o Dubai o i grandi pezzi musicali ha un indubbio effetto comico. Senza parlare di “Castignan”.

Il Cd, o concept-album, ha comunque una vita a sè. Tu ti ritieni però un cantante da esibizione dal vivo, principalmente.

In questi anni mi sono esibito decine e decine di volte: alle sagre, feste di paese, camping, chalet, locali, feste di matrimonio. Ho trasformato i miei live in eventi spettacolari, prediligendo le cover e le canzoni di successo, alternandole con alcuni pezzi tratti dal mio disco. Durante l’esibizione imito cantanti famosi, e cambio aspetto. Posso interpretare Jovanotti, Celentano, i Blues Brothers, Bob Marley, Rino Gaetano, Eros Ramazzotti, i Negramaro e tanti altri. Senza dimenticare Vasco e Ligabue, ma entrambi anni ‘90, giovani e ganzi. Solitamente la serata termina con un revival anni 70-80, che trascina tutti, e io indosso un parruccone tipico di quel periodo.

Da timido e introverso a trascinatore: cosa è cambiato?

Il palco è il luogo dove oramai mi trovo più a mio agio. Sul palco comando io, e amo gestire le situazioni ma confrontandomi continuamente con il pubblico.

Come si vive da artisti “precari”?

Sempre peggio, perché fino a poco fa vi erano più occasioni mentre questa dannata crisi sta creando sempre più problemi. Nella vita così ho anche altre occupazioni, come i corsi di lingua inglese e tedesca che svolgo per conto dell’associazione Play Lab.

Di seguito alcuni versi tratti dalle canzoni presenti su “Una Vita da Precario”

“Mi butto sul Tronto / M’ammazzo anche senza pistola / Annego nel fango / Ma qui niente no, non cambierà / Ma Gina e Franco  / Han detto: “Raggiungigi un po’ qua” / E’ meglio di Marino del Tronto!”

“Se la prendo le dirò / Sei Diavola Merkel / Harry Letter e King George / Che bella gente! / E allora… se ti prendo / Io sai ti bacerei, ti bacerei là / E ancora… se ti prendo / Sì io ti bacerei e tu ti scioglierai”

“Una vita da precario / Giro per le interinali / Nato senza la camicia / Sempre bassi i pantaloni / E’ precario pure Mario / E i maroni suoi son scesi / A sentire certe cose / Che siam pigri e capricciosi”