Da quanti anni è in crisi il nostro turismo? A sentire alcuni da molti, a sentire altri da pochi, ogni anno a fine stagione si susseguono notizie e numeri contraddittori sui giornali. Una parola però è sulla bocca di tutti da un ventennio: destagionalizzazione. Più facile a dirsi che a farsi dalle nostre parti.

Un tale cambiamento di rotta dovrebbe trovare d’accordo, prima di tutti i vari livelli degli enti, poi le associazioni di categoria, per innescare quei meccanismi tali da giustificare anche economicamente un’apertura annuale di quelle strutture che fino ad oggi abbiamo visto solamente come stagionali.

Sicuramente la struttura stagionale per eccellenza è lo stabilimento balneare e una riflessione su una concezione innovativa degli stabilimenti è resa particolarmente attuale dall’imminente scadenza della direttiva Bolkestein dell’Ue, in tema di concessioni.
In questa ottica ci stanno provando le aziende insieme agli architetti, un “tandem” che ha una visione del futuro, rispetto alla politica, molto più chiara e forse concreta della strada da intraprendere, per reinterpretare lo stabilimento in un ottica di gestione annuale.

Nell’ultima fiera del Cersaie a Bologna all’interno della mostra  si sono attrezzati allestimenti e istallazioni dedicate alla reinterpretazione di questi spazi.

L’allestimento metteva a disposizione dei visitatori due scenari: estiva e invernale, il tutto realizzato con effetti tridimensionali, che prevedono la presenza di una serie di servizi: spazi per l’aggregazione dotati di camini, librerie, palestre, negozi di moda, centri benessere (mi viene da pensare ad esempio ai centri di talassotrapia, che ancora sulla nostra riviera delle palme mancano), in altre parole gli elementi necessari per far vivere una zona di mare per dodici mesi all’anno. Soluzioni che sono già state sperimentate con successo all’estero, col risultato di ovviare alla stagionalità delle attività commerciali. La bellezza dell’ambiente naturale aggiungerebbe inevitabilmente valore e potrebbe stimolare l’economia di territori che vivono una limitata stagionalità, come già sperimentato in altri paesi.

A livello di intervento, si parla di costruzioni leggere, integrate nell’habitat che prevedono l’utilizzo di materiali resistenti alla salsedine e a bassa manutenzione, ma anche di arredi di design.

In definitiva, il concept vuole puntare l’attenzione sulle potenzialità delle coste italiane la sfida è trasformare le coste italiane in una risorsa lunga circa 7.800 km, in nuovi poli di aggregazione sociale, da vivere tutto l’anno attraverso un progetto integrato che vede la partecipazione congiunta di aziende, progettisti e gestori del settore alberghiero e balneare.

Per ora questo rimane un “concetto” che si dovrà scontrare, nel momento della realizzazione, sicuramente con l’intrigata “giungla” di leggi, norme, normative e regolamenti, di carattere, tecnico e commerciale, che tanto piace al nostro Bel Paese, ma da qualche parte dovremo pur partire se vogliamo che il turismo cambi direzione.