SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Negli ultimi anni abbiamo assistito in Italia, in un modo tanto silenzioso quanto inesorabile, alla proliferazione del gioco d’azzardo, in tutte le sue forme e varianti: dalle slot machines che ormai sono una presenza fissa negli angoli più bui di quasi tutti i bar, ai centri scommesse che spuntano come funghi nei nostri quartieri fino alle “cascate” di gratta e vinci che scendono dalle pareti del nostro tabaccaio di fiducia.

Quello  del gioco d’azzardo è un fenomeno non nuovo ovviamente, ma che negli ultimi anni si è amplificato esponenzialmente e in maniera direttamente proporzionale alle difficoltà economiche e in generale al disagio sociale.La prospettiva infatti di una grossa vincita può per molti sembrare la soluzione alla perdita del lavoro o un valido aiuto per sbarcare il lunario, ovviamente non è così e sono i dati a dircelo. Secondo l’Agenzia delle dogane e dei monopoli infatti, in  Italia nel 2013 sono stati giocati circa 84 miliardi di euro di cui solo 67 sono tornati nelle tasche dei giocatori sotto forma di vincite per una perdita netta quindi di 17 miliardi di euro, che divisa per il numero di abitanti, tra cui ovviamente sono conteggiati anche i non giocatori porta al dato impressionante di una perdita pro capite nel 2013 di circa 300 euro, che fanno dell’Italia il secondo paese al mondo nel rapporto perdite/popolazione dopo l’Australia.

Il fenomeno ovviamente non risparmia il nostro territorio, con un numero in vertiginoso aumento di “adulti che si rivolgono alle nostre strutture sanitarie per risolvere un problema di dipendenza da gioco, che esse siano slot machines, scommesse e quant’altro” ci dice la psicologa dell’Asur Marche Simona Olivieri. E il fenomeno non risparmia neppure i giovani, secondo la dottoressa Mirca Di Pietro infatti, dopo uno studio fatto sui giovani nella provincia di Ascoli Piceno, “è emerso che circa il 10% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni gioca sistematicamente e addirittura il 3% ha una dipendenza dal gioco di tipo patologico” mentre chiaramente sono molti di più gli adulti che giocano sistematicamente tant’è che, sempre secondo i dati della dottoressa Di Pietro, “il 31% dei bambini oggetto dello studio, con un’età che va dai 10 ai 13 anni ha dichiarato di aver giocato d’azzardo almeno una volta nella vita insieme ad un genitore”.

Ecco che quindi a San Benedetto e a Monteprandone sono in arrivo tre seminari sul tema, organizzati dalle due amministrazioni, dall’Asur Area vasta 5, dall’ambito territoriale sociale 21 e dalla cooperativa sociale Koinema, in cui si discuterà dei complessi strascichi che una dipendenza come quella dal gioco si porta dietro sul piano economico, familiare e anche psicologico.

Si parte il 20 settembre presso la sala convegni dell’ospedale civile con un corso riservato al personale medico in cui si parlerà dei risvolti sanitari del “gambling” patologico, a seguire, il 26 settembre, presso la sala riunioni di Centobuchi di Monteprandone, a partire dalle ore 9, sarà la volta  del seminario “L’azzardo non è un gioco. Dall’immaginario sociale alla prevenzione e cura dell’azzardo, un corso riservato a sindaci, assessori e gestori di attività. Per concludere il 25 ottobre, presso l’auditorium “Tebaldini” di San Benedetto ci sarà l’ultimo incontro, riservato ad avvocati e bancari, che per lavoro hanno a che fare con  persone fortemente indebitate a causa del gioco, intitolato “Le regole del gioco. Il gioco d’azzardo tra business e patologia”.