ALKMAAR – 25 novembre 1992. In una classica serata invernale i cuori di molti tifosi rossoneri, tra cui quello del sottoscritto, furono riscaldati da un grande uomo e giocatore. Marco Van Basten. L’olandese realizzò quattro goal nella partita di Champions League contro il Goteborg. Tra cui uno in rovesciata. In pratica quella serata vinse il suo terzo Pallone d’Oro.

Quattro giorni prima avevo compiuto 6 anni. Eppure già dalla tenera età ero innamorato, calcisticamente, del cigno di Utrecht. Probabilmente sono diventato milanista grazie a lui. Prodezze su prodezze ammirate in televisione e sulle videocassette. Gesti atletici che imitavo nella mia stanza con palloni e peluche. Come credo molti altri miei coetanei. Dopo quella partita volò ad Anversa, in Belgio, per operarsi alla caviglia. Quella maledetta caviglia. Il suo tallone d’Achille fin da giovanissimo. Quella delicata operazione interruppe in sostanza la sua carriera calcistica. Infatti, nel 1995 annunciò il suo ritiro e il suo ultimo saluto a San Siro fu commovente. Piansero tutti gli amanti del calcio, non solo i milanisti. Una divinità calcistica abbandonava il palcoscenico. A soli 30 anni. Quasi una maledizione.

Una maledizione che sembra, purtroppo, essere tornata di recente a colpire. Il 28 agosto arriva una notizia dall’Olanda. L’Az Alkmaar, squadra di cui Marco Van Basten è allenatore (dopo aver allenato in passato la nazionale olandese, l’Ajax e l’Heerenveen), annuncia con una nota che l’olandese è stato costretto a lasciare l’incarico per problemi di salute. L’ex milanista, secondo i medici, soffre di palpitazioni cardiache che gli impedirebbero di proseguire l’attività agonistica. Lo stress potrebbe alimentare ancora di più la tachicardia. Un problema pare ereditato dal padre Joop, scomparso proprio quest’estate. Inoltre questo lutto pare abbia anche portato all’aumento delle palpitazioni e a una forte forma di depressione. Per questo è stato consigliato il ritiro momentaneo. Una notizia che ha rattristato tutti gli amanti del (bel) calcio, compreso il sottoscritto.

Una sfortuna che sembra non voler abbandonare uno dei simboli dello sport che fino a qualche tempo fa era il più bello del mondo. Prima che fosse marcito da business e speculazioni economiche. Uno degli esempi che a noi bambini di quel tempo facevano vedere di continuo. Altro che i giocatori di oggi con creste, orecchini, tatuaggi e vizi di qualsiasi genere che sono pessimi esempi nella società contemporanea per i più giovani.

La speranza mia e di altri tanti sportivi è che Marco Van Basten vinca la sua battaglia personale e torni ad allenare e insegnare ai giovani il bel calcio. Con l’umiltà e la forza che l’ha sempre contraddistinto. Un vero campione dentro e fuori dal campo. Se lo merita. Quindi, da amante di quel calcio che non esiste più, grido “Forza Van Basten”. Torna presto a calcare, almeno da allenatore, i campi di gioco. E soprattutto torna a stare bene.

Sì è vero, il gioco del pallone oggi fa schifo e alla fine sono solo 22 uomini (ricchi e maleducati) che rincorrono una stupida palla. Ma quando si era bambini quello “strano oggetto” faceva sognare, crescere e spesso faceva nascere amicizie che tuttora resistono.

E giocatori come Marco Van Basten, Roberto Baggio e Alessandro Del Piero erano l’esempio perfetto di come questo sport doveva essere per i più piccoli. E doveva continuare a esserlo. Ora, purtroppo, non lo è più.