
– La domenica sera, subito dopo ‘ 90 minuto’ , Piero Persico siede accanto al telefono, nel suo albergo di San Benedetto del Tronto, e aspetta. Il primo a chiamarlo di solito è Fabrizio Ferron, che fa il portiere nell’ Atalanta. Ferron racconta a Persico la propria domenica tra i pali, gli chiede “dove ho sbagliato?” e chiude, inevitabilmente , con una frase: “grazie per quello che ha fatto per me”. Subito dopo arriva la telefonata di Zenga, ed anche lui si congeda con un “grazie”. Poi tocca a Bonaiuti, quindi al nuovissimo talento, Visi, che è nell’ Under 21 e, anche, sul mercato: 8-9 miliardi, ed ha 21 anni. Sempre “grazie” dicono: perché tutti, da Zenga a Visi, li ha messi al mondo Piero Persico, da anni il numero uno degli istruttori dei portieri in Italia. Dal lunedì, poi, dentro lo stesso telefono si alternano voci di dirigenti: c’ è un portiere da raddrizzare a Bologna, un giovane da sgrezzare a Padova, un vuoto da riempire tra i pali della Lazio (Visi, forse?). Persico stabilisce metodologie di lavoro, fissa appuntamenti per visite a domicilio, dispensa consigli. Tra una telefonata e l’ altra, Persico studia. Legge e rilegge gli appunti, inventa esercizi rivoluzionari, traccia strade che lo portino a costruire il Nuovo Portiere. Lui, che ha avuto tra le mani quasi tutti i portieri del calcio professionistic o d’ Italia, si è infatti accorto che le nuove regole, sommate alla zona e al pressing, hanno radicalmente trasformato questo ruolo tanto da farne qualcosa che in realtà ancora non esiste. “Beati i dodicesimi, si dice. Perché con tutti questi cambiamenti possono giocare più spesso. Io invece dico: poveri portieri, tutti, indistintamente . Nessuno pensa a quanto si sia modificato questo ruolo. In genere si parla delle difficoltà incontrate da Van Basten o Baresi per assorbire le novità. Sbagliato: è il portiere quello che soffre di più. Perché oggi nessuno, in una squadra, deve saper essere atleta completo come il portiere. Dirò di più: ogni numero 1 dev’ essere un killer. Freddo, sicuro, cattivo, un killer del pallone. Forte con le mani e tra i pali, forte con i piedi e fuori area. Dev’ essere Zenga ma anche Baresi. Mica facile…”. Già. E poi ci sono gli allenatori sempre pronti a cambiare e le riserve che se la cavano mica male. Oggi sei tra i pali e domani in panchina, come Tacconi, Mareggini, Antonioli o Taffarel. “Ma questo è normale, chi sbaglia paga, almeno nel calcio. Il problema vero è che per giocare in porta ci vuole una testa fatta in un certo modo. E non sto parlando di follìa: il portiere matto, quello è una favola. Un numero 1 oggi dev’ essere un computer, che seleziona e sceglie. Ci sono due tipi di portieri. Quelli che prima agiscono e poi si chiedono: cosa ho fatto?, e quelli che prima si chiedono: cosa faccio? e poi raccolgono il pallone dentro la porta. Quando Ferron mi chiede: dove ho sbagliato?, io rispondo: se eri sicuro di quello che facevi, non hai sbagliato”. E a Fiori cosa risponderebbe? “A lui chiederei dove ha la testa, anche se mi rendo conto che l’ errore l’ ha fatto chi non lo ha ceduto. E’ dallo scorso anno che lo fischiano, Fiori doveva andare via da Roma. Ed è un peccato. Lui è grande, ma grande davvero. Ha doti eccezionali, anche se gli mancano un po’ le gambe, perché sono le gambe che fanno un portiere, non le mani. Però è insicuro. Come tanti altri ragazzi, e penso ad Antonioli, penso a Cusin, su cui ho lavorato a Bologna… “. Perché questa generazione di insicuri? E’ forse colpa delle società che puntano su ragazzi troppo giovani? “Premesso che se un portiere di 19 anni vale secondo me deve giocare sempre, io credo che le società sbaglino a non allevare i portieri. Non lo dico per me, io lavoro. Ma chi è abituato a stare tra i pali in un certo modo non cambia, inutile provarci. Se ci fate caso, i portieri fanno sempre gli stessi errori. Sembra strano, ma un certo modo di muoversi ormai ce l’ hanno nel sangue, inutile provare a cambiare un Tacconi o un Pagliuca. Bisogna creare dal nulla, prendere un ragazzo di 14 anni e costruirlo. Anche perché i giovanissimi accettano di soffrire: sanno che stanno costruendo un futuro che può significare serie A e soldi”. In attesa del Nuovo Portiere, chi è oggi il vero numero 1? “Peruzzi è bravo, molto bravo; Pagliuca è bravo, ma fa un po’ troppo spettacolo; Ferron è un ottimo portiere. Ma il mio preferito è Marchegiani: freddo, eccellente con i piedi”. E tra i preparatori, escludendo Persico? “Oh, ce ne sono tanti. Battara, per esempio, o Negrisolo, che lavora con il Milan. Il migliore? Né Battara, né Negrisolo. Il migliore resta sempre il muro”.-
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Chissà se avrà qualcosa da insegnare a San Pietro?
Condoglianze a tutta la famiglia
La famiglia Persico ringrazia
I familiari di Piero Persico, nelle persone della moglie Enrica, dei figli Massimo e Teodora e dei nipoti ringraziano tutte le persone che, in questi giorni di dolore, gli sono state vicine.
Ringraziano particolarmente i sacerdoti don Pio Costanzo e don Gianni Croci e tutte le loro comunità parrocchiali, ma anche i tanti sportivi che, negli anni, hanno avuto modo di conoscere Piero e che in queste ultime ore hanno voluto essere presenti nel suo ultimo viaggio. I suoi compagni di squadra, i suoi collaboratori tecnici e i tanti portieri che hanno trovato in lui un vero e proprio punto di riferimento.
I familiari ringraziano la tifoseria e l’associazione Noi Samb per i tanti messaggi di solidarietà e vicinanza, e l’amministrazione comunale che ha voluto ricordare, attraverso le parole e la propria presenza alla funzione religiosa, la figura di Piero.
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