BELO HORIZONTE – Il giorno dopo la clamorosa eliminazione del Brasile dai Mondiali di calcio, con un umiliante 7-1 subito dalla Germania, che ha gettato nel dramma un’intera nazione, il mio pensiero è rivolto a una persona in particolare. A Moacir Barbosa Nascimento. Chi è? Fu il portiere della Selecao brasiliana nel nefasto Mondiale 1950 giocato nel paese sudamericano.
Sarà che ho un debole per il ruolo dell’estremo difensore, narrato anche da poeti e scrittori, ma la riflessione è più che meritata. Il Brasile, il 16 luglio 1950, perse l’ultima partita contro l’Uruguay (bastava un pareggio per trionfare) e sfumò l’occasione di laurearsi campione del mondo tra le mura di casa. Il capro espiatorio di quella tragedia calcistica, che provocò parecchi suicidi e arresti cardiaci, divenne il povero Barbosa. Colpevole, secondo la gente, di una papera che permise il goal del 2-1 di Ghiggia. Prima di quell’evento il portiere brasiliano era l’idolo dei tifosi del Vasco da Gama, dove vinse quattro campionati (altri due dopo il 1950). Dopo la sconfitta di Rio De Janeiro fu messo ai margini della società.
Il giornalista Darwin Pastorin nel libro “L’ultima parata di Moacyr Barbosa” racconta bene come la vita dell’estremo difensore cambiò radicalmente. Ignorato, sbeffeggiato e accusato di portare sfortuna. La gente lo vedeva e lo additava come responsabile della tragedia più grande della storia brasiliana. “Non ci parlare. Non lo guardare”. Manco fosse stato un dittatore o un assassino. La nazionale brasiliana addirittura non promosse più un portiere di colore titolare tra i pali (fino al 2006 con l’avvento di Nelson Dida) perché ritenuta una maledizione.
L’ignoranza e la superstizione della gente possono essere crudeli. E con Barbosa lo sono stati davvero. Cadde in una profonda depressione e rimase solo. Passò alla storia la sua dichiarazione “La sentenza più pesante in Brasile è trent’anni, ma la mia prigionia ne è durata cinquanta”. Ed è stato così. Morì il 7 aprile 2000 tra l’indifferenza di un intero popolo. Quasi contento che se ne fosse andata una persona così sgradevole. C’è chi dice che lui se ne andò con un sorriso. Forse di sollievo per non dover vedere più la cattiveria della gente. Quest’ultima non aveva capito, e non comprende ancora adesso, che il Brasile perse per l’atteggiamento. Troppo prepotenti e sicuri di sé. Pronti nel festeggiare una vittoria che ancora però doveva arrivare. Esattamente com’è successo quest’anno. L’euforia e il facile entusiasmo hanno giocato un brutto scherzo ai ragazzi di Felipe Scolari. Come alla selezione del 1950.
Ora il capro espiatorio sembra diventato l’attaccante Fred. Naturalmente speriamo non faccia la stessa fine di Barbosa. Moacir mi piace immaginarlo lassù che guarda, sorridendo un po’ amaro, la nuova disfatta. Non per infierire. Ma con la speranza che le persone capiscano che non è colpa di un singolo se nel calcio possono succedere fatti del genere. Però purtroppo si sa. La mamma degli imbecilli è sempre incinta.
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