Cassandre o profeti. Pasquale Bergamaschi, sul Resto del Carlino, ha ricominciato oggi ad aprire i suoi articoli sulla Samb con la classica ed obsoleta frase “solite cassandre”. Motivo per cui comincio a preoccuparmi ancora di più. Seppur con la speranza che almeno una volta abbia ragione lui.

Finora l’hanno avuta sempre quelli che lui chiama Cassandre, mentre io li ritengo realisti, saggi, coraggiosi e difensori, senza giri di parole, del popolo sambenedettese. Mi ci metto io e gran parte dei commentatori di queste pagine. Sempre più numerosi, chissà perché.

La dimostrazione di quello che dico sono i 4 fallimenti per i quali, secondo Pasquale, sono colpevoli le ‘cassandre’. Visti gli esiti sarebbe più giusto chiamarli profeti.

Ho ricordi di colore rossoblu ‘funesti’ dei periodi in cui la frase “cassandre” faceva capolino fra tutti i suoi articoli, erano gli anni dal 1990 al 1993. Tutti, oggi, sapete se avevano ragione le cosiddette Cassandre o le locandine di allora che oggi vedo riproposte in maniera identica, l’ultima e forse la prima di una lunga serie: “Moneti: siamo la squadra da battere”.

A che pro e in base a quali parametri? Ancora non si conoscono né i gironi né la composizione della rosa rossoblu 2014-15, né tanto meno un budget realistico. Magari lo capiremo più avanti. E se, per una volta, le ‘cassandre’ venissero smentite, io che sono uno di loro sarei l’uomo più felice della terra. Oggi resto ‘cassandra’. Non ho motivi per non esserlo.

Lungi da me la voglia di tornare ai tempi in cui io e Bergamaschi, nonostante fossimo amici di famiglia, non ci parlammo per tanto tempo. Poi, finita la storiaccia Venturato, un abbraccio e la pace tornò. Stavolta lo abbraccio appena lo rivedo, prima di ricominciare una brutta storia come quella di venti anni fa. Gli dirò: è chiaro che abbiamo opinioni diverse sia su Noi Samb (prima uguale alla sua poi cambiata in base a certi fatti) che su Moneti (la mia è cambiata dopo Longo) ed è bene che continuiamo ad esprimerle ma non posso accettare che si faccia confusione. A danno e pericolo della comunità sportiva sambenedettese.

Per esempio la storia delle potenziali quote che dovrebbero avere Moneti e Deodati. Nel suo articolo di oggi continua a travisare i fatti nonostante Deodati abbia detto chiaramente che Noi Samb non è l’ago della bilancia né potrà esserlo: “Non esiste che io prendo il 45% di una società con altri che hanno insieme il 55%. Io e Moneti abbiamo insieme il 90%”. Stop. Per capire che è cosa molto, molto, diversa rispetto a quanto scritto oggi dal mio amico Bergamaschi, basta aver frequentato le scuole elementari.

Bergamaschi ha fatto le Superiori e allora perché scrive certe cose chiaramente non vere o poco realistiche? Quali sono le motivazioni? Cassandra sono o no? A proposito Longo che fine ha fatto? Dimenticavo: “Venerdì (quale? ndd) mi dirà se vuole entrare o no” Eppure era tutto fatto con ‘assegni pesanti a più zeri’ venerdì 23 maggio! Un pizzico di autocritica mai?

Scherzi a parte mi spiace purtroppo dover constatare che nella nostra riviera non c’è ancora la mentalità giusta e cioè la necessaria determinazione per evitare che i furbi, ‘i giocolieri’ prendano il sopravvento a discapito dell’intelligenza. Ce ne accorgiamo sempre dopo. Non solo per quel che riguarda la Samb Calcio.

PS: Devo ricordare ancora una volta che io non faccio il giornalista per mestiere ma semplicemente il giornalista, che è una specie di missione che non potrà mai diventare solo un mestiere. Non ho quindi alcun problema a scrivere cose che non piacciono al politico, al sindaco di turno, o al presidente della Samb di turno. L’importante è che piacciano alla comunità, ai cittadini. Un giornalista non può, non deve, farsi condizionare dagli umori e dai desideri dei cosiddetti ‘potenti’ di turno. La visibilità, i complimenti devono meritarseli e non usare la propria carica per mettersi ad un livello superiore, pena ripicche o chiusure e non so cos’altro.

Non importa se a pensarla così sono io solo, l’importante per me è rispettare questo pensiero: “L’onestà al di sopra di tutto. Anche quando procura qualche minore o maggiore guaio. Ma nessun guaio è maggiore della compromissione con la propria coscienza”.

Smetterei subito di dirigere Riviera Oggi se un giorno deviassi da quella che ritengo una regola inderogabile per chi fa il giornalista. Figuriamoci per un direttore responsabile. Chiamatemi pure Robin Hood ma è così.