Mancini è l’allenatore giusto per la Nazionale: è antipatico quel che basta per caricarsi tutte le critiche che il ruolo impone. Un po’ come Sacchi, finalista nel 1994 pur con una super-squadra, e Lippi, vincitore nel 2006. Inoltre è tempo di finirla con incaricare allenatori che, nei club, non hanno vinto nulla e non hanno neanche avuto esperienza ad alto livello nelle coppe internazionali (come Donadoni o Prandelli).

La nuova linea del calcio nazionale ha la fortuna di potersi rinnovare con giovani promettenti, alcuni dei quali si sono già messi in mostra in Brasile. Verratti ha le stimmate del possibile fuoriclasse, ed è giovanissimo. In attacco Destro, Immobile e El Shaarawy sono di sicuro affidamento; a loro si aggiunge un altro giovanissimo, Insigne. Balotelli va riconsiderato, è evidente che non lo si può caricare di troppe responsabilità, ma non ha ancora 24 anni per cui è da considerare nel gruppo (anche se le critiche che subirà ad ogni partita della Serie A potrebbero definitivamente destabilizzarlo). Il giovanissimo Berardi e semmai Zaza possono essere nuove scommesse.

De Sciglio (anche se con l’Uruguay molto deludente) e Darmian sono due terzini molto giovani, mentre Bonucci, incredibilmente escluso nelle prime due gare per dar spazio a Paletta (!) e l’inguardabile Chiellini contro il Costa Rica, è l’uomo sul quale ripartire per la difesa. De Rossi e Buffon possono essere i due senatori. Giocatori come Candreva, Marchisio e Chiellini possono dare ancora il proprio contributo, senza dimenticare, ma solo in sede di competizioni ufficiali, Barzagli ed eventualmente Pirlo. Non si dimentichino poi Florenzi (da chiamare già per il Brasile…).

In attacco abbiamo anche un certo Pepito Rossi: se la sfortuna lo abbandonerà dovrebbe anche ricompensarlo per bene con qualche successo.

Non siamo più la Nazionale capace di sfornare a ripetizione gli Scirea, Cabrini, Gentile, Tardelli, e quindi Vialli, Baggio, Mancini, Signori, Baresi, Maldini, Albertini, Vieri, Inzaghi, Totti e Del Piero. Ma non è escluso che da qui a due anni il giovane gruppo possa fortificarsi.

GLI ERRORI DI PRANDELLI. Faccio il 60 milionesimo e 1 c.t. italiano. A mio avviso l’errore fondamentale di Prandelli è stato di non ripartire da quanto di buono messo in mostra allo scorso Europeo, e confermato in parte anche nella sfida con l’Uruguay. Due anni fa Prandelli si affidò alla difesa a tre della Juve ed ebbe buoni risultati. E in avanti si affidò alla tradizione italiana, ovvero un centravanti e una seconda punta. Rossi-Graziani, Altobelli-Galderisi, Schillaci-Baggio, Massaro-Baggio, Vieri-Baggio, Vieri-Totti, Toni-Totti sono gli esempi di un attacco quasi sempre di successo. Lippi nel 2006 voleva provare Toni-Gilardino con Totti alle spalle, ma dovette rinfoltire il centrocampo e sacrificare Gilardino: così vinse il mondiale.

Stavolta abbiamo provato lo schema 4-5-1, nell’ultima gara corretta con il 3-5-2. E anche qui i problemi sono nati, oltre che dall’assurda espulsione di Marchisio, anche dalla sostituzione di Balotelli (giusta, ma di solito conviene aspettare qualche minuto della ripresa…) con Parolo. Giocare con il 3-6-1 era francamente troppo catenacciaro (seppur sopito con il possesso palla), e poi, costretti a sostituire Immobile con Cassano (e perso anche Verratti dopo Marchisio, quindi con centrocampo a due pistoni), si è giocato senza centravanti. Il che impediva di giocare in contropiede e nel finale, quando Cassano ha cercato un paio d’assist interessanti, non ha trovato l’uomo capace di calciare in porta.

RIFORMA? La prima cosa da fare è ridurre il numero di squadre che giocano in serie A: l’ideale sarebbe tornare alle 16 formazioni degli anni ’70 e ’80. Il problema è che lo strapotere televisivo domina il nostro (e non solo) campionato. Altro elemento da valutare è di copiare quanto realizzato da Germania e Belgio, con la Federazione che interviene direttamente nella gestione dei vivai giovanili. Sarebbe interessante anche imporre, anche nella massima serie, un numero di giovani under 21 con passaporto italiano che devono essere impiegati. Ma poi, qui, il neoliberismo calcistico parlerebbe di limiti alla libertà di assunzione…