Dal corso di giornalismo “Piccoli Reporter” realizzato in collaborazione con Piceno Gas Vendita

 

Perché ha scelto di fare il mestiere del marinaio?
“Tutti i miei parenti, a partire da mio padre Francesco, hanno sempre svolto questo lavoro e quindi ho deciso di proseguirlo anche io. Ho conseguito il diploma di padrone marittimo all’Ipsia di San Benedetto, poi ho terminato le scuole superiori all’Istituto Nautico di Ancona. Successivamente, per prendere il patentino di comandante ho dovuto fare esperienza su imbarcazioni di pesca atlantica per due anni”.

Da quanto tempo svolge questo lavoro?
“Appena terminati gli studi, quindi a circa 19-20 anni, ho iniziato questa avventura e quest’anno raggiungo i vent’anni di navigazione. Devo dire che aiutavo spesso mio padre anche quando ero più piccolo: ad esempio nel periodo estivo, quando la barca attraccava nel porto di San Benedetto, svolgevo piccole mansioni di aiuto”.

Cosa ricorda della sua prima uscita in mare?
“Avevo circa 14 anni e mi colpì in particolar modo il buio notturno. Ricordo che mi recai dalla cuccetta alla plancia e notai che tutte le luci dell’imbarcazione erano spente. Chiesi il perché a mio padre il quale mi spiegò che le luci restavano spente per consentire di vedere meglio la strumentazione di bordo, che invece era appena illuminata”.

Quale tecnica di pesca usate?
“Quella cosiddetta a strascico, con la quale le reti vengono calate fino al fondale. Noi abbiamo le reti a coppie, che vengono gettate in mare e aperte tramite dei divergenti: dopo tre ore di pesca le reti sono tirate nuovamente a bordo dove i componenti dell’equipaggio provvedono a selezionare il pesce buono e vendibile dagli scarti e dai rifiuti. Il pesce viene pulito e poi messo subito nelle celle frigorifere. Poiché adoperiamo la rete a coppia, sulla base dei regolamenti europei ci è consentito restare in mare soltanto tre giorni a settimana: quindi usciamo dal porto di San Benedetto attorno alla mezzanotte della domenica e torniamo a terra il mercoledì sera. Invece chi adopera una sola rete può restare in mare un giorno in più”.

Che tipo di pesce pescate solitamente?
“Il pesce più pregiato e quello che commerciamo maggiormente è costituito da merluzzi, scampi, triglie, polpi e totani. Forse a causa del riscaldamento globale, oggi in Adriatico si trovano spesso anche murene e piccoli pesci palla”.

Qual è il nome della barca e come è strutturata?
“Si chiama Marina, come mia nipote, e la sua matricola è SB479. È lunga 21 metri ed è composta da un locale macchine, una ghiacciaia, serbatoi per l’acqua, una piccola cucina, sala da pranzo, le cuccette dove si trovano i letti, la plancia, con i vari strumenti di comando dell’imbarcazione. Dietro i due divergenti si trova il locale che ospita l’àncora con la sua catena quando il peschereccio è in navigazione”.

Quante persone sono impiegate nel peschereccio e quali sono i loro compiti?
“Siamo in quattro, di cui tre soci, io, mio fratello e mio cognato, e un dipendente. Io svolgo il ruolo di comandante, mio fratello è il macchinista e mio cognato il cuoco, mentre il dipendente è marinaio. Naturalmente ognuno di noi è in grado anche di svolgere temporaneamente il ruolo di un altro, ma ognuno è specializzato prima di tutto nel proprio”.

Il lavoro col peschereccio è redditizio?
“Il settore adesso è in crisi, mentre un tempo era molto redditizio. Infatti lavoriamo solo tre giorni a settimana: se i nostri genitori facendo i marinai sono riusciti a costruire le loro case, per noi si tratta di avere uno stipendio dignitoso ma nulla più. I problemi derivano dalla scarsità del pesce ma soprattutto dai costi della nafta, che per la mia imbarcazione arrivano anche a 1.200-1.300 euro al giorno e coprono circa il 70% di tutte le spese da sostenere”.

Quali sono le zone dove pescate nell’Adriatico?
“Molto dipende dal tipo di pesce che si intende poi rivendere. L’area forse più ricca è quella del cosiddetto fondaletto, che si trova vicino allo scoglio di Pomo. Qui l’acqua arriva a circa 200 metri di profondità. In passato i pescatori sambenedettesi arrischiavano spesso di avventurarsi verso le isolette croate, dove il pesce era più numeroso. Oggi però la Croazia ha iniziato a sviluppare una sua flottiglia peschereccia e inoltre, essendo il pesce più scarso, nessuno rischia di avvicinarsi alle acque territoriali croate”.

Sono mai accaduti incidenti al suo peschereccio?
“Fortunatamente mai nulla di grave, al massimo si tratta della rete che si impiglia nell’elica. In questi caso occorre chiamare un altro peschereccio ed essere rimorchiati fino al porto, pagando ai soccorritori le spese di trasporto e il mancato guadagno per la giornata di pesca persa”.

Quali sono le zone più lontane dall’Italia dove ha lavorato?
“Nei due anni necessari per conseguire il patentino da comandante sono arrivato fino alle isole Falkland, in Argentina, nell’Oceano Atlantico. Altre località dell’Atlantico dove sono stato per lavoro sono Conakry in Guinea e Dakar in Senegal, così come altre zone dell’Argentina e del Sud America”.