Paragone: C’è questo dannato problema dei soldi. Bastano 30 miliardi scorporati dal 3% all’anno per far ripartire tutta l’economia?
Gualmini: C’è un’unica risposta, è sempre quella, il problema è farla, metterla in atto. L’unica risposta è il taglio della spesa pubblica. La famosa spending review che nessuno ha mai fatto. C’è stato un lavoro eccellente di Cottarelli (…) La risposta è quella, non c’è bisogno di nuove idee, la politica ha già prodotto moltissime idee, il problema è avere dei processi decisionali, delle persone, che sappiano metterle in pratica una dopo l’altra”.

Ad Elisabetta Gualmini
e p.c. Gianluigi Paragone

Gentilissima professoressa Elisabetta Gualmini,

ascoltando le sue parole alla trasmissione televisiva “La Gabbia”, su La7 di mercoledì 29 maggio, le ho sentito dire che l’unica soluzione per rimettere in piedi l’Italia è di tagliare la spesa pubblica.

Leggo però nel suo curriculum vitae che lei è professoressa ordinaria al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali all’università di Bologna.

Lei sa bene che il taglio alla spesa pubblica derivante dalle politiche di austerità neoliberiste sta colpendo duramente anche il mondo dell’istruzione e dell’università (durante la trasmissione si stupiva invece perché i tagli non venivano realizzati…), creando in questo modo un classismo che peserà su generazioni e generazioni di italiani. Molti giovani, inoltre, non riescono ad accedere al mondo dell’insegnamento, come lei meritatamente ha potuto, anche a causa dei tagli degli orari scolastici e delle materie d’insegnamento. I “mandanti” di tali decisioni sono i soliti, peccato che lei non li condanni ma anzi, sembra, li comprenda e li esorti a colpire più duramente.

Non crede che, in specie da parte di chi come lei, con massimo merito presumo senza ironia, è destinatario di uno stipendio pubblico che garantisce sicurezza, benefici in termini di legge, contribuzione regolare e piena, affermi in televisione, davanti a centinaia di migliaia di telespettatori, che il rimedio per “rimettere in piedi l’Italia” sia il taglio della spesa pubblica, sia una contraddizione grave?

Si sente di chiedere scusa per quelle persone che invece soffrono a causa di questi tagli (non serve menzionare quanto sta avvenendo nelle nostre scuole, nei nostri ospedali, e nelle imprese tartassate per la follia del pareggio di bilancio)?

Oppure, se davvero ne è convinta, e lasciando perdere la facile retorica dei tagli alla “spesa improduttiva” (spieghi cosa c’è di improduttivo nella riduzione dell’insegnamento di storia dell’arte nelle nostre scuole, ad esempio, o nelle spese per la pulizia delle scuole), non crede, da coerente cittadina patriota, che dovrebbe dimettersi dal suo ruolo pubblico e rinunciare allo stipendio di Stato per contribuire fattivamente e non con la facile retorica a danno altrui alla “spending review”, e cercare un impiego nel settore privato, correndo il rischio, certo, di contratti a tempo determinato, con bassa contribuzione e senza i benefici di tredicesima, quattordicesima e magari malattia, maternità, rischio di disoccupazione e sottoccupazione, e via discorrendo?

Siamo in grado, in questo Paese, di agire di conseguenza alle nostre azioni? Non rischia, lei, da garantita e appartenente alla classe alta, di sembrare offensiva contro la sua stessa comprensione quando chiede l’applicazione dell’austerità a danno dei poveracci?

Se compirà questo atto di coerenza (non quindi, di coraggio) io sosterrò con forza la sua battaglia. Se, invece, mi deluderà, la prego di non recitare più quella parte, né in televisione né altrove. Per rispetto di milioni di italiani ed europei.
Ps. La sua frase “non c’è bisogno di nuove idee” è quanto di più grave possa ascoltarsi, oggigiorno. Lei propugna Pensiero Unico a vent’anni di distanza, mentre il Pensiero Unico manifesta il suo tragico fallimento.

Cordiali saluti
Pier Paolo Flammini
giornalista
RivieraOggi.it