SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Tre grosse grane in quindici mesi. Giovanni Gaspari mette la firma su un record tutt’altro che invidiabile, che segna inevitabilmente un secondo mandato zeppo di autogol e passi falsi.

Corte dei Conti e due volte il Tar. Il calvario ha inizio nel gennaio di un anno fa, quando il sindaco e il dirigente Germano Polidori vengono condannati a risarcire l’ente in merito al procedimento amministrativo per l’incarico affidato all’architetto Luigina Zazio, chiamata a realizzare il nuovo Piano Regolatore Generale. “Sussistono tutti i presupposti per affermare la responsabilità amministrativa di coloro che hanno nominato un collaboratore esterno senza che sussistessero le necessarie condizioni”, recita la sentenza di primo grado.

Nel centrosinistra l’imbarazzo lascia rapidamente spazio alla strenua difesa del primo cittadino. “La decisione di nominare la Zazio come consulente all’Ufficio di Piano fu condivisa”, dichiarano in coro i capigruppo di maggioranza.

Dodici mesi dopo è però la volta del Tar. Il Tribunale accoglie in pieno il ricorso promosso dall’Eni in contestazione alla prima delibera varata dall’amministrazione, in relazione al progetto sul distributore di benzina da far sorgere lungo Viale dello Sport.

La sentenza passa quasi inosservata sotto il profilo tecnico, dato che l’ipotesi era stata già accantonata nell’estate 2013, con la gara pubblica andata deserta. La giunta era tuttavia corsa ai ripari molto prima, correggendo il documento ed eliminando proprio i paletti che includevano solo le aziende “no-logo”.

Ma è sul fronte politico che Gaspari ne esce con le ossa rotte. La delibera contestata genera infatti una frattura insanabile coi dissidenti Emili e Pezzuoli e causa di conseguenza nocive fibrillazioni in un Partito Democratico abbandonato in corsa anche dal segretario Felice Gregori, che rassegna le dimissioni a tre mesi dal congresso.

Il pronunciamento bis del Tar, stavolta sull’assise del 30 novembre indetta in seconda convocazione con meno di ventiquattr’ore d’anticipo, non è altro che la chiusura di un cerchio. Quel sabato il Consiglio approvò l’assestamento di Bilancio 2013, contenente il famigerato punto sulla mini-Imu. Tutto illegittimo, per via di un ritardo che – a detta del Tribunale – avrebbe avuto riflessi pure sui provvedimenti amministrativi.

“E adesso?”. Se lo chiede la città; se lo chiede il Comune; se lo chiede lo stesso Popolo della Libertà, promotore del ricorso.

Le prime reazioni non erano state troppo allarmistiche. Anzi, da Viale De Gasperi si era persino ipotizzata l’opportunità di ripetere il Consiglio incriminato, varando così l’assestamento con quattro mesi di differita. Ottimismo asfaltato con le fredde parole di Gaspari, che ha dato mandato ai legali di fare immediato appello al Consiglio di Stato per ottenere la sospensiva e chiesto un incontro con la Prefettura di Ascoli Piceno e il Ministero dell’Interno.

Rischio commissariamento? Il Pdl, nonostante la soddisfazione, predica prudenza e non si sbilancia. L’unica certezza riguarda la non sanabilità di un documento finanziario che – per legge – andava votato non oltre la fine di novembre. “Ciò che non era accoglibile il 1° dicembre non può diventarlo ad aprile”, osservano i berlusconiani. “Si genererebbe un improbabile precedente”.