SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ieri sera c’è stata una breve riunione tra alcuni componenti di Tifosi Pro Samb. Dopo un franco colloquio, durante il quale ognuno di noi ha espresso il suo pensiero, ho lanciato un’idea che ritengo, in questo momento, l’unica soluzione alla triste situazione societaria che ha accompagnato i nostri colori rossoblu nell’ultimo ventennio e oltre.

L’avevo già espressa l’estate scorsa ma ora ho le idee più chiare oltre ad una convinzione maggiore. Quella che, senza un vero innamorato della propria città, quindi della Samb, economicamente molto potente, ogni iniziativa, tranne una che sto per esporre, naufragherà nel nulla e in ennesimi fallimenti. Quelli societari li conosciamo bene, quelli sportivi non molto ma una permanenza in serie D oltre i due-tre anni a tanto porterebbe.

Una prima premessa importante è questa: occorre dare una finalità chiara alle associazioni di tifosi che in modo encomiabile raccolgono denaro per le casse rossoblu. Con un solo proprietario, che fa e disfà come suo diritto, a parer mio non servono. Equivalgono al modo di dire sambenedettese e cioè  al ‘voler seccare il mare con una cucciòla (vongola)’. Anche la funzione di controllore sarebbe inutile seppur con una quota societaria di minoranza. Su questo aspetto ho cambiato idea perché a nessuno piace INVESTIRE con i cani da guardia vicino. Anche se il ‘padrone’ non è malintenzionato. Può essere infatti pericolosissimo per la minoranza. Mi dicono che a Taranto le buone intenzioni, le stesse di NoiSamb e di Tps, stanno naufragando proprio per questo aspetto. Cioè l’obbligo di risanare le casse societarie per le proprie quote.

Esaurita la premessa passo alla mia proposta che, se ben studiata, rivista e corretta, può dare un valore reale e concreto ad una o più associazioni di tifosi. Occorre innanzitutto lo spirito (quello che esisteva negli anni 50-60-70-80) di una volta quando diventare socio e consigliere della Sambenedettese era un vanto o meglio un onore  prima che un onere. Con quello spirito, in quegli anni molti sambenedettesi nativi, e non, si sono avvicendati alla guida della società. Sarebbe stato ritenuto fuori di testa un presidente che voleva decidere tutto lui, solo perché si esponeva economicamente più di altri. C’era una periodica assemblea di soci nella quale si decidevano le strategie e si verificavano i bilanci. Ogni quindici giorni ma se necessario anche più frequentemente. Si parlava di tutto, dalla contestazione ad un allenatore, ad un giocatore, alla moderazione delle spese ma sopra a tutto c’era il risultato sportivo che puntualmente veniva raggiunto, a parte qualche rara eccezione. Appena tre retrocessioni in 40 anni, delle quali una, quella del 79-80, palesemente ingiusta. Record di pareggi (mi pare 21) e promozione in serie A sfiorata tre volte. Un anno e mezzo senza prendere gol in casa. Roba a non crederci.

All’esposizione della mia idea la prima obiezione è stata che i tempi sono cambiati, ho risposto che quei tempi, invece, stanno tornando perché è clamorosamente fallita l’idea dell’uomo solo al comando perché spesso più squattrinato del meno abbiente dei vecchi dirigenti rossoblu. Non vorrei sbagliarmi ma qualcosa di simile è partita qualche anno fa a Chiavari in Liguria dove l’Entella sta dominando il campionato di Prima Divisione.

Cosa bisogna fare? Fermo restando lo spirito giusto da ricreare intorno ai colori rossoblu, quindi rinnovare una cultura di successo, è indispensabile che la politica insieme a volontari come quelli di NoiSamb, Tps e chi vorrà, acconsenta al ‘progetto’ ma senza tirar fuori denaro pubblico. È sufficiente che dica alla città in modo univoco e chiaro con una serie di conferenze stampa (ne fanno tante assolutamente inutili) precedute da un’assemblea popolare (piazza San Giovanni Battista dove il calcio sambenedettese è nato) nella quale si dica chiaro e tonto che questo territorio ha bisogno di un veicolo a livello nazionale come la Samb, un traguardo cioè che converrebbe a tutta la Riviera Picena. Ma anche, e magari di più, a chi si assumerà l’onore-onere di diventare dirigente della società rossoblu.

È il momento dei numeri. Partirei da un traguardo da raggiungere, quello di 500 mila euro in funzione di 25 quote da 20 mila euro. Ricordo a chi non lo sapesse che negli anni migliori della Samb i dirigenti erano quasi 40. Possono ambire ad un ruolo così importante soltanto persone di acclarata fede rossoblu. Una volta, per esempio, l’ingresso societario era precluso (non so se per statuto o solo a parole) ad ascolani cioè ai nostri rivali storici che avrebbero potuto trattare male il nostro giocattolo. Nell’Ascoli vigeva lo stesso “concetto”. Magari con le dovute eccezioni: per esempio, nel caso nostro, potrebbe essere Moneti se avrà intenzione di tramutare il suo dichiarato amore verso squadra e città in una semplice partecipazione alle quote societarie. E non più ad un dispotico potere che lui stesso riconosce di non potersi permettere. Negli anni settanta-ottanta avevamo i dirigenti Valeri e Ciabattoni che avevano ruoli preminenti sotto l’aspetto acquisti grazie all’esperienza che avevano accumulato ed erano a stretto contatto con diesse non di primo pelo ma di provata esperienza (Govoni uno di loro). Gianni Moneti potrebbe avere queste caratteristiche ma anche Arcipreti visto il suo recente operato. Basterà metterli alla prova.

A proposito delle quote serve mettere alcuni paletti, uno dei quali è quello che non sono acquistabili dalla stessa persona più di otto quote cioè un terzo per un valore massimo di 160 mila euro. Presidente, vice presidente/i di prima squadra e di settore giovanile dovrebbero essere eletti ogni due anni e le loro cariche esclusivamente onorifiche. Una volta il concetto era questo: vuoi fare il presidente? Devi firmare cambiali più “consistenti”, adesso si può fare qualcosa di simile dando un voto ad ogni quota, tenendo presente che a Zoboletti veniva dato il titolo ma anche il “monito” che da solo non poteva decidere nulla. Tramonterebbe anche la favola che uno che comanda è poco, due sono troppi. Nel calcio la stessa passione dovrebbe accumunare tutti e i problemi, a parte discussioni accese (erano un po’ il sale di ogni riunione) sempre risolvibili. L’altro paletto dovrebbe essere questo, i componenti la dirigenza non possono essere meno di 15.

La ricerca di dirigenti, come dicevo, deve partire dalla politica (se non vuole, lo dica subito) che ha il compito primario di mettere tutta la riviera a conoscenza di quello che si intende fare e, nello stesso tempo, responsabilizzare chi potrebbe e chi dice da una vita che vorrebbe farlo ma non lo fa. Spesso con motivazioni poco credibili. Lo sono ancora meno oggi in funzione di una maturità acclarata della tifoseria più accesa che, da sola, si è già impegnata a non disturbare oltre misura (le critiche da bar sono permesse perchè, secondo me, utili) i manovratori.

Devo anche ricordare, come ho accennato prima, che far parte della dirigenza porterà naturalmente (prima era così) a sinergie per le quali i 20 mila euro potrebbero risultare un investimento anche sotto questo aspetto.

Non mi sono dimenticato delle associazioni di tifosi, di NoiSamb in particolare: al loro interno dovrebbero eleggere i propri dirigenti, ottantamila 4, centomila 5  tra chi si candida al ruolo, indipendentemente dalla quota versata. Le cariche elettive dovrebbero essere rinnovate in tal caso non dopo due anni ma dopo uno. Faccio un esempio semplicissimo: Noi Samb ha raccolto 97 mila euro si chiede uno sforzo a soci vecchi o nuovi per ottenere gli altri tremila. Se Tps ha 8000 euro, e vuole un suo rappresentante, la stessa cosa. Se è impossibile raggiungere la quota, chi vuole può riprendersela o un’assemblea legalmente convocata può decidere se darla a NoiSamb, per esempio, o in beneficenza.

Regole che possono essere riviste con aggiunta di altre che si ritengono necessarie per la riuscita del progetto. Basterà parlarne. Io, ad esempio, ne aggiungerei un’altra per i primi due anni di gestione, quella di chiedere uno sforzo agli sportivi tutti: fare un numero maggior numero di abbonamenti a costi superiori rispetto a quelli normalmente in vigore. Proposta che andrebbe in porto se si riescisse a far conoscere con la necessaria trasparenza un progetto, unanimamente riconosciuto buono.

Auguri sindaci della Riviera Picena. A voi la prima parola.

PS I soci-dirigenti potrebbero anche essere più di 25, sempre a 20 mila euro per quota, stabilendo un massimo di 40. Chissà mai la Provvidenza. Anche perché credo che ormai i ‘peccati’ li abbiamo scontati tutti.