C’è il piacere nell’affondare, nel perdersi, nel vagheggiare. La speranza è un sogno e pur di non svegliarsi si può chiudere il cuore.

Inutile spiegare che dentro l’Eurocrazia non vi è spazio per respirare, per l’Italia è morte certa e attesa. Non bastano dodici anni di supplizi continuati, non bastano due shock+austerità connessi con la follia del cambio fisso (1992-2011), non basta la mattanza sociale che se l’avesse fatta Berlusconi avrebbe fatto scendere dalle poltrone e dalle pantofole il famoso ceto medio riflessivo, che alla prova dei fatti si è rilevato la peggiore piccola borghesia (nell’animo) presente in questo Paese. Piccoli borghesi ma snob.

Qui ad esempio Alessandro Guerani, pur senza oltrepassare – chissà perché – la soglia della piena sovranità monetaria e quindi restando chiuso nello schema dell’euro, analizza comunque degnamente i limiti della “manovrina” di Renzi.

Purtroppo i renziani, i pd, si stanno crocifiggendo ogni giorno di più su idee fondamentalmente di destra finanziaria estrema. Il guaio è che ne sono inconsapevoli, tanto più inconsapevoli tanto più professano il perbenismo politicamente corretto del sinistrismo à la page: liberalizzazione droghe leggere, liberalizzazione costumi sociali, matrimoni gay. Così hanno la coscienza effimera di essere progressisti mentre non capiscono che quella è la chiave di porco attraverso la quale il potere, dopo il 1968, si è preso l’incarico di vestirsi (rileggere almeno Pasolini, e un po’ di Arbasino). Non che io abbia nulla, ad esempio, contro i matrimoni gay – ma questo non è il tema, sia chiaro – Ma credersi progressisti mentre si festeggia una battaglia sociale e contemporaneamente si massacra il futuro di una nazione, è folle.

Il problema è che all’interno dell’Eurozona si è concretizzato, definitivamente dopo il 2011, un mondo in base al quale l’unica politica possibile è la riduzione dell’essere umano a strumento in mano all’economia. Ogni altra soluzione porta alla distruzione. La democrazia è sottomessa al potere finanziario e tecnico, per cui tutti gli assiomi che non valgono, ad esempio, in Gran Bretagna, Giappone, Polonia, Stati Uniti, sono validi in Eurozona.

Allora arriva Renzi e improvvisamente gli italiani pensano che ora tutto cambierà. Il ragazzo ha le capacità affabulatorie di Berlusconi, lo stesso uso della comunicazione, con in più 40 anni in meno e senza televisioni: è perfetto. E’ molto più pop, social: la fotina simpatica anziché l’impero televisivo e il Milan.

Ma vediamo cosa non va in ciò che Renzi propone. E non va non perché sia di fatto sbagliato, ma perché, se anche le cose dovessero procedere nella maniera migliore immaginabile, il sistema euro, per l’Italia, è un cappio al collo che soffocherà qualunque sarà il movimento.

SE DAVVERO AUMENTASSERO I REDDITI MEDIO-BASSI Si tratta naturalmente di un inganno ottico, perché con pareggio di bilancio (la Commissione Europea già ribadisce che non ci si discosterà dal criminale 2,6%) il taglio del cuneo annunciato da Renzi sarà più che ricompensato dai maggiori esborsi richiesti non solo ai lavoratori dipendenti ma anche a chi ha un reddito autonomo o una partita Iva e non beneficerà di nulla ma dovrà invece reperire ulteriori risorse per far fronte, magari, ad un ticket sanitario maggiorato, ad una tassa dei rifiuti aumentata, ad un pedaggio autostradale cresciuto.

Ma poniamo che lo scrivente sia soggetto ad invidia folle e stia soltanto blaterando sciocchezze. Poniamo che ogni italiano, da oggi, neppure dal 1° maggio, aumenti il proprio reddito di 80 euro. Cosa accade?

Nel sistema euro, ovvero nel sistema dove lo Stato non ha la gestione della moneta – né delle politiche fiscali – un aumento del reddito non guidato dalla domanda estera ma da quella interna comporta una aspettativa di aumento delle importazioni rispetto alle esportazioni. Si esporterà un po’ meno, si importerà un po’ di più.

Si tornerà dunque alla situazione che ha contraddistinto l’Italia dal 2000 al 2010, ovvero uno sbilanciamento della bilancia commerciale. Questo succede perché, al contrario di ciò che avviene in uno Stato normale (vedi sopra), dove un eccesso di importazioni comporta una svalutazione della moneta con tendenza al bilanciamento, con l’euro questo processo di assestamento viene a mancare.

Se si importa più di quanto si esporta la conseguenza nel medio termine è una scossa ai tassi di interesse che sono costretti ad alzarsi per attrarre i capitali usciti per colpa degli squilibri commerciali.

MONTI QUESTO LO SAPEVA e per questo si affrettò a “distruggere la domanda interna” (lo disse alla Cnn, non alla Rai), per aumentare l’export e ridurre l’import. Questa è l’unica politica possibile dentro l’Eurozona, l’unica congrua alla struttura tecnicamente fascista da nuovo millennio (altro che Casapound!) che è stata creata. Ipotizzare altre politiche interne porta alla distruzione dell’economia nazionale, come infatti è accaduto soprattutto in quegli stati dove l’euforia del debito è stata più coinvolgente (Irlanda, Spagna, Grecia, Portogallo).

Dunque la fantomatica manovrina non avrà alcun effetto sul reddito complessivo nazionale, se non per marginalità insufficienti; ma se anche lo avesse, sarebbe impossibile da sostenere nel medio periodo nelle attuali condizioni.

IL DEBITO PUBBLICO E’ VERAMENTE UN DEBITO Siamo infatti al paradosso: Renzi ha subito capito che se vuole continuare ad essere presidente del Consiglio deve eseguire quel che Mario Draghi e Angela Merkel vogliono, altrimenti perde l’ombrello della Bce e naviga a vista, anzi affonda alle Europee. Ma mentre la Gran Bretagna si è permessa di fare deficit per l’8% all’anno negli ultimi cinque anni (male, ma lo ha fatto), l’Italia non può neppure immaginare di abbandonare la soglia nella quale è stata follemente inchiodata (ora 2,6%). Un bene? Un male?

Il debito della Gran Bretagna non è un debito, ma un numero. Gli inglesi, ai massimi vertici, lo hanno ben capito dopo che aumentando così tanto il deficit i tassi di interesse, ovviamente, sono scesi anziché schizzare verso l’alto come i terroristi mediatici predicavano.

Il debito dell’Italia è veramente un debito perché non possiede la moneta che usa. L’Italia è assimilabile ad una nazione colonizzata del ‘700, costretta a lavorare per ripagare con quella moneta i prestiti e gli interessi. Renzi non può sforare e se anche lo facesse davvero scaricherebbe sulle future generazioni il peso del benessere (si fa per dire) dell’attuale.

Se l’Italia tornasse alla lira, oggi, Renzi potrebbe fare non il venditore di pentole, ma lo statista di livello decidendo in che modo orientare il benessere nazionale.

L’ASSURDITA’ DELLE RENDITE FINANZIARIE E’ sicuramente l’aspetto più inquietante connesso con le pentole di Renzi commissariate con l’Eurozona. Se infatti avessimo la lira, l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie sarebbe una scelta, appunto, di orientamento del benessere nazionale.

Con l’euro questa scelta colpirà soprattutto i risparmiatori popolari mentre i grandi risparmiatori subito sposteranno i loro risparmi o in altri ambiti con pari rendimento del precedente (si spera i nostri titoli di stato) o all’estero (soprattutto Eurozona, con conseguente nuovo afflusso verso Germania, Francia, e magari Spagna).

Così si avrà per forza di cose una seppur minima (o no?) fuga dei capitali. Se avessimo una moneta sovrana al massimo potremmo temere una misera svalutazione della lira, il che aumenterebbe l’export e diminuirebbe l’import. Potrebbe essere anche una buona soluzione. Con l’euro, si rischia di aumentare i tassi di interesse. Disastro.

(Questo è lo stesso discorso che non capiscono gli attuali tsiprasiani italiani, che con tutta questa disoccupazione invece di chiedere massiccia detassazione dei redditi medio-bassi, la accompagnano con l’ideologica patrimonialona, il tutto per rispettare i vincoli di bilancio europei e la brama della punizione dei ricchi: e ci si chiede a cosa serva inneggiare alle rivoluzioni del Sudamerica se qui non si ha il coraggio neppure di essere un minimo fuori dagli schemi e ripudiare un assetto palesemente anti-democratico quale i trattati europei).

(Quanto al M5S, buio pesto).

AH, R€NZI, AH R€NZIANI! Ora gongolano perché pensano di aver trovato il vitellone d’oro, ma è questione di mesi (forse): inizia a diventare veramente assurdo capire perché gli italiani e la classe dirigente non abbia uno scatto d’orgoglio e decidano di muoversi con coraggio e rifiutare questo stato di subordinazione neppure ripagata dal benessere.

Con la lira pienamente sovrana (solo 1971-79 e 1992-96, di fatto), non esisterebbe nuova tassa da applicare quando si è in uno stato tanto grave di disoccupazione; non esisterebbe taglio della spesa pubblica tanto urgente quando si è in uno stato tanto grave di disoccupazione.

Ma qualsiasi politica espansiva, considerato che la Germania e i suoi paesi satelliti stanno chiedendo invece e ancora un sempre maggiore inasprimento delle austerità, è destinata alla sua implosione.

Dentro questa Eurozona solo l’austerità è possibile.

Chi non contesta questa Eurozona non può contestare l’austerità ed ormai ne è complice consapevole.

I gattopardismi della politica italiana potranno garantire una buona dose di salvagente ai responsabili del disastro (sta già avvenendo), ma ogni giorno che passa ci sarà sempre meno posto sulle scialuppe per i responsabili di questo naufragio. L’oblio ha un limite.

Soltanto una consapevolezza popolare di quanto esposto può indurre ad una protesta mirata ad un obiettivo tangibile ed obbligare chi, mosso da una “smisurata ambizione” come l’attuale presidente del Consiglio, pur di avere l’indispensabile consenso popolare (e non per un obiettivo di breve termine come le elezioni che si svolgeranno tra due mesi, ma un orizzonte temporale longevo), può pensare di snaturare i suoi attuali alleati e modificare davvero il corso della storia.

Altrimenti, ed è ovvio, la storia inghiottirà questa ennesima comparsa e sarà scritta da una nuova classe dirigente. Migliore, o peggiore, non si può ancora sapere.