SAN BENEDETTO DEL TRONTO- “Iniziai a lavorare in mare a 14 anni, era il lontano 1949”- è questa la frase iniziale dell’intervista a Grossi Domenico, meglio conosciuto come “Mimì”, primo di cinque figli.

Dove ha iniziato a lavorare per mare? Perché ha scelto questo tipo di lavoro?

“Iniziai a lavorare nelle acque territoriali di San Benedetto, perché, nel 1949, la maggior fonte di guadagno era rappresentata da mestiere del pescatore. A quattordici anni nessun capitano o armatore avrebbe imbarcato un’altra persona perché c’erano degli esuberi numerici. Fino al 1953 restai imbarcato a San Benedetto sul motopeschereccio “San Gabriele” poi, sia per la sete di nuove esperienze sia per un maggior ritorno economico, mi sono imbarcato sulla nave da pesca “Giovanni Battista” che esercitava la pesca a Lampedusa con base ad Anzio. Ho fatto altre esperienze fuori dal porto locale, preparandomi privatamente allo studio, per ottenere la patente di marinaio autorizzato che, arrivò compiuti i ventuno anni d’età. A ventotto anni diedi ulteriori esami per prendere il diploma di padrone marittimo per la pesca oceanica che era necessario per il comando delle barche. Questo diploma mi è stato utile per lavorare dal 1960 al 1966, al comando delle barche in Atlantico. Sono stato il primo a portare nel porto di San Benedetto, un peschereccio atlantico: il “Marchegiani III”, nel 1965- 1966. Ho scelto di fare il pescatore perché mi piaceva, per passione e poi era un lavoro che si tramandava da padre in figlio”.

Qual’ era il suo ruolo all’interno dell’equipaggio? Per quanti anni è andato in mare?

“La mia è stata una lunga navigazione che è durata 34 anni, 8 mesi e 6 giorni, per questo ho ricevuto in dono la medaglia d’oro. Il mio ruolo principale era da comandante ed ebbi il primo imbarco con questo incarico il 24 dicembre 1956. Nel febbraio 1957 ebbi l’incarico da comandante presso il motopeschereccio “Malfizia”, è stato un imbarco un po’ traumatico e doloroso perché sostituivo il figlio dell’armatore che era in congedo per il matrimonio, ma l’avvenimento tragico fu l’affondamento dello stesso avvenuto un mese dopo (fortunatamente non lavoravo più lì!). L’equipaggio morì, compreso il novello sposo che io ho sostituito per trenta giorni. Nel marzo 1967 ci fu il varo del motopeschereccio “Arcangelo padre”, successivamente denominato “Benedetta”, che fu costruito in collaborazione con i miei fratelli Emidio e Francesco. Negli anni successivi al varo, iniziarono a lavorare assieme a noi, anche, i fratelli più piccoli cioè Marino ed Adriano. Effettuavamo la pesca mediterranea, lasciando le famiglie per tanti mesi e navigando nel mar Mediterraneo quindi a Lampedusa, a Pantelleria, a Malta…”.

Qual è la “giornata tipo” del pescatore?

“Di lavoro dall’alba al tramonto (ride). Prima dell’alba si gettava la rete in mare e durante le ventiquattro ore si effettuavano quattro o cinque pescate. Durante il giorno si attuava la lavorazione ed il congelamento del pescato. Durante la notte si effettuavano turni per il riposo”.

Qual’ è il suo ricordo più bello?

“Nell’aprile del 1998, nella zona di Malta, effettuammo quella che denominammo “pesca miracolosa”. Tirammo su circa venti casse, da dodici chili, di gamberi rossi, per cala”.

E’ cambiata la pesca negli ultimi anni? Secondo lei è aumentata o diminuita?

“La pesca non è cambiata, quello che è cambiato sono i costi di gestione che causano l’aumento del prezzo del gasolio. Nel 2013 la pesca è risultata ottima. Qualcosa si è modificato ed intendo il tipo di rete a strascico che da quelle tradizionali si è passati a quelle americane e miste. Con le reti americane si è avuto un incremento del pescato”.

Che contributo ha dato la tecnologia a questo lavoro?

“I metodi di pesca sono sempre gli stessi, la tecnologia ha reso possibile una maggior sicurezza sul lavoro, a soprattutto ha portato enormi benefici con l’introduzione di computer e radar, in grado di scandagliare bene il fondale”.

Ci sono molti pescherecci? E pescatori?

“Purtroppo no. Il numero delle imbarcazioni è diminuito di circa il cinquanta percento a causa della legislazione. Questo è accaduto, soprattutto, a causa delle “demolizioni”. Anche i pescatori sambenedettesi sono diminuiti e questo favorisce l’assunzione di lavoratori stranieri. L’abbandono della vita di mare e favorita dal basso reddito, dalla dura vita, dagli enormi sacrifici che devono subire le famiglie a causa ella lontananza”.

Ora che è in pensione, come trascorre le sue giornate?

“Facendo il nonno di sei nipoti non ho molto tempo per me, ma questo mi soddisfa. Non manca mai, però, la classica passeggiatina quotidiana al porto, mi piace chiacchierare con i miei “vecchi” colleghi, ma soprattutto mi piace essere aggiornato su ciò che riguarda il lavoro di una vita”.