Carnevale sfinito. Passeggiando oggi al corso di San Benedetto ho avuto la netta impressione di una manifestazione carnescialesca in fase di sfinimento che è differente dal definirlo un carnevale ri-finito. Cioè in fase di  azzeramento per l’ennesima volta. Accade così quando gli eventi (c0sa che a San Benedetto è ormai diventata una regola) non sono preceduti da un progetto sul quale credere con convinzione. Perché fare il carnevale così, senza un motivo conduttore non è da San Benedetto, o meglio non è da San Benedetto di tantissimi anni fa. Il Carnevale, secondo me, non può ridursi a due sfilate di carri assemblati in massima parte con pupazzi acquistati (o relagati) da città dove il Carnevale è ormai una tradizione consolidata (Viareggio in primis ma anche Fano e Putignano).

Mi ha suggerito questo disappunto il commento del lettore “Pietro G.”: «Una volta (anni 50. Ndd) il nostro Carnevale con i carri era secondo soltanto a quello di Viareggio». Questa è stata la mia risposta che ora allungo un po’

“È vero. Nel 1970 lo facemmo rinascere con i costruttori sambenedettesi veri artisti della carta pesta (Castellucci, Torresi, Patrizi lu faocchie, Sansolini ecc.) che lo  avevano fatto arrivare negli anni 50, come dice giustamente lei, ai vertici nazionali. Gli artefici “quelli del bar Massimo”, si direbbe oggi. Il nostro carro (io ero Brancaleone) “Brancaleone alle crociate” vinse il primo premio poi dopo due anni tutto finì di nuovo perché il Comune non vi ha mai creduto con la necessaria convinzione. Vincemmo anche il secondo anno con “Anche gli esquimesi pagano l’Iva“, il terzo anno no anche se il nostro “Mao ping Mao pong” (Mao era Carletto Fabi) era ancora una volta il migliore. Avevamo noi del gruppo del bar Massimo rimesso in moto il modo vero di fare il carnevale con pupazzi di cartapesta costruiti a San Benedetto e con l’allegoria dell’attualità come costante di carri carnescialeschi degni di tale nome”

Per fare un carnevale di successo con i carri non basta lavorarvi una settimana o poco più, serve come prima cosa un’idea di quello che si vuol realizzare, quindi costruire pupazzi che identifichino nel miglior modo possibile l’allegoria con cui si vuol far ridere gli spettatori, terza cosa un’organizzazione intorno che sappia promuoverlo e incentivare la sfilata con presentatori di qualità: quest’anno, per esempio, a me è mancata la voce di Sandro Benigni che è ormai un maestro consolidato per ogni tipo di manifestazione alle quali sa adattarsi come pochi. Non ultima e forse la più importante è la necessità che, dietro la sfilata, ci sia un concorso a premi (denaro pubblico) con una giuria seria ed una lotteria altrettanto seria con i ricavati necessari per incentivare economicamente i partecipanti in aggiunta ai contributi comunali. O si fa così o il carnevale non serve e, in tal caso il rimedio più economico e divertente è quello di eliminare i carri ed impegnarsi a preparare allegorie sempre sull’attualità locale e nazionale con gruppi mascherati a piedi come si iniziò a fare con successo (vedi foto del nostro settimanale in edicola) dopo la fine dei ‘carri’ dei primi anni 70 che ho citato prima.

Credo però che il risultato più verosimile, una moda ormai nella nostra città, sarà quello dell’aggiunta di un altro ex ai tanti già accumulati che rappresentano un vero primato nazionale.