Money is no object in this relief effort. Whatever money is needed, we will spend it“. David Cameron, 12 febbraio 2014.

I soldi non sono un problema per questo piano di aiuti. Non importa quanto denaro serva, lo spenderemo.

Dichiarazioni del Primo Ministro inglese David Cameron riguardo gli allagamenti che stanno interessando il sud dell’Inghilterra.

Qualche giorno fa ho scritto un articolo di scuola in merito a quanto Cameron dichiara di voler mettere in pratica, rispetto al crollo del ponte di Rubbianello, piccola frazione nel Fermano (clicca qui).

Cameron sa alcune cose fondamentali (ovviamente non le dice pubblicamente, che altrimenti non potrebbe giustificare le austerità nei confronti delle classi medio-basse):

a) che non deve stabilire nuove tasse per finanziare le spese a favore dei territori inondati;

b) che non deve chiedere ai mercati finanziari il prestito ai tassi di interesse desiderati dai privati, perché la Bank of England è un ombrello contro qualsiasi attacco speculativo. A dicembre il tasso di interesse reale sui titoli di stato inglesi a 10 anni era dello 0,75%, contro il 3,58% italiano, 3,93% spagnolo, 1,65% francese;

c) sa che la spesa non provocherà alcun aumento dell’inflazione, in quanto le nuove sterline immesse nel sistema economico nazionale troveranno il corrispettivo nella quantità di beni e servizi, e dunque di lavoro.

Quindi l’intervento pubblico darà lavoro e profitti alle imprese, nuovi beni e servizi reali, ridurrà la disoccupazione, non causerà appesantimenti delle finanze pubbliche (vien da ridere…) e non provocherà inflazione.

Tutto questo perché la Gran Bretagna è dotata di una moneta sovrana fiat: non convertibile in oro o altri beni, scambiata liberamente nei mercati valutari, gestita dallo Stato in qualità di monopolista.

L’Italia non ha una moneta sovrana, per cui si è preclusa questo genere di azione. Qualcuno ne guadagna: il settore finanziario privato, che diventa l’unica fonte dalla quale attingere ricchezza monetaria, e le grandi corporation mondiali, sia attraverso l’abbattimento dei costi della manodopera cinesizzata, sia attraverso il deragliamento del sistema concorrenziale delle piccole e medie imprese italiane.

Questo, ad esempio, Enrico Letta lo sa. Un paio di settimane fa, intervistato da Lili Gruber su La 7, si è lasciato sfuggire: “Se potessi stampare moneta e far sì che… purtroppo non è così” (minuto 3 del video).

Invece non può e quindi è costretto ad elemosinare prestiti dalla monarchia assoluta degli Emirati Arabi Uniti, è costretto a tassare per qualsiasi emergenza di spesa, è costretto a lasciare L’Aquila (ma non solo) nella situazione in cui è, è costretto a tagliare tutto il tagliabile. Insomma, per parafrasare il suo libro del 1997, stiamo “morendo per Maastricht“.

“Perché non ci sono soldi”.

Basta.