SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dalle semplici sensazioni ai dati veri e propri. Crudi, senz’appello. A San Benedetto, su 2429 partecipanti alle primarie del Pd dell’8 dicembre solo 376 erano iscritti al partito. Appena il 15,4%, a fronte di una nutrita compagine di semplici simpatizzanti che hanno invaso gli otto seggi cittadini.

Dei 604 tesserati, nel giorno dell’Immacolata ha quindi votato il 62,2%, con appena quattro presenze in più in confronto al match riservato ai soli militanti del 17 novembre. Allora Matteo Renzi e Gianni Cuperlo fecero registrare un clamoroso pareggio: entrambi i candidati si attestarono infatti al 43% dei consensi.

Se a Porto d’Ascoli il trend è stato lineare, è nei circoli della Zona Nord e di Via Balilla che si osserva l’ampia emorragia, con un tesserato ogni cinque elettori, o giù di lì.

Rispetto al congresso comunale, che elesse alla segreteria Sabrina Gregori, il calo si è attestato sulle 190 unità (da 566 a 376 appunto), pari ad un -33,5%. La Gregori si aggiudicò due circoli su tre e l’unica sconfitta giunse proprio al centro, dove l’outsider Gianluca Pompei portò a casa la sfida per 118 a 110 ed il coordinatore di circolo Roberto Giobbi venne nominato grazie ad appena undici schede di scarto sul giovane Iacopo Zappasodi.

Il trionfo del rottamatore racconta da un lato un successo popolare esterno alla corrente democratica, dall’altro l’assoluto “menefreghismo” all’appuntamento da parte della base. L’esatto contrario del 3 novembre, quando si mobilitò addirittura il 93,7% del Pd. Le polemiche di quei giorni sono ormai storia nota: truppe cammellate, seggi aperti ad oltranza con proroghe di ben tre ore, esponenti politici intenti a controllare come vedette lombarde ogni minimo spostamento al seggio. Contestazioni che vennero respinte con foga al mittente. Ma che oggi godono del supporto dei numeri. Che non mentono mai.