SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Qualità, innovazione, marketing e soprattutto gioco di squadra: queste le ricette che secondo Piceno Promozione, associazione della Camera di Commercio di Ascoli, l’Unioncamere Italia e l’Università Politecnica delle Marche e l‘Università di Camerino possono salvare il comparto ittico sambenedettese.

Che è reduce da un triennio di numeri tremendi: gli scambi avvenuti al Mercato Ittico sono passati da 2,546 milioni di euro nel 2010 ad appena 1.063 nel 2013: un crollo del 60% che è sintomatico dello stato della pesca sambenedettese.

Per questo gli studi e la progettazione congiunta possono consentire di traghettare la marineria sambenedettese in un’ottica 2.0, e non soltanto per l’uso delle tecnologie: infatti una delle prospettive all’orizzonte sarebbe quella di creare una “blue economy”, relativa al settore ittico, creando delle relazioni stabili e verificabili tra la pesca, il turismo, l’enogastronomia, la ristorazione, e il marketing territoriale.

Il tutto dovrebbe portare, secondo le migliori intenzioni auspicate, alla realizzazione di un marchio che contraddistingua l’offerta ittica sambenedettese, secondo parametri ambientali, nutrizionali e di rispetto delle normative.

“Cerchiamo, con questo progetto, di integrare delle filiere del mare, partendo dall’analisi di due manifestazioni, Anghiò e Brodetto alla sambenedettese, primi interventi che cercano di creare un circuito locale” spiega Gino Sabatini, presidente di Piceno Promozione. “Ci sono interi settori della città, come il porto e gli imprenditori balneari, al momento esclusi da questo circuito”, aggiunge.

“E’ necessario misurare sempre la performance di tali eventi – dichiara il Professore Gian Luca Gregori, Pro-rettore vicario dell’Università Politecnica delle Marche e Preside della Facoltà di Economia “Giorgio Fuà”- tenendo conto dei suoi impatti economico-sociali, dell’incremento della notorietà della destinazione, ma anche della capacità attrattiva su soggetti provenienti da aree esterne al territorio ed il livello di soddisfazione dei partecipanti”.

Perché la forza del pesce adriatico sta nella sua qualità, nel contenuto alimentare di notevole pregio, a partire dagli Omega 3: “Il nostro è un mare caldo, che favorisce la crescita di alghe e quindi i pesci sono ben nutriti. Inoltre, a dispetto di quel che si crede, al di là del delta del Po e di altre foci di fiumi e dei porti, il limitato traffico navale e la mancanza di trivellazioni per il petrolio non lo rendono eccessivamente critico, al momento, dal punto di vista ambientale”, spiega il professor Alberto Felici dell’Unicam, il quale aggiunge: “Occorre però riflettere sul fatto che, mentre la domanda di pesce aumenta, l’offerta diminuisce, perché il pesce ce n’è meno, e oltretutto ora c’è anche la concorrenza estera”. Tanto che l’Italia importa 11 milioni di tonnellate di pesce all’anno, “anche se non di eccelsa qualità e senza le assicurazioni sanitarie che abbiamo qui”.