Ok. La pressione fiscale non la puoi aumentare (troppo). Sta arrivando la Tares, l’Iva al 22%. Puoi lasciare che Regioni e Comuni ti stringano l’ultimo nodo del cappio, ma non puoi presentarti come un nu0vo Monti: con l’aria che tira, a Roma succederebbe davvero una rivolta popolare.
Puoi continuare a tagliuzzare, ma anche lì c’è il pilota automatico.
Puoi andare in Europa a chiedere uno zero virgola, ma è la flebo per il moribondo, e tanto la signora Merkel e l’esecutore Draghi ripetono che la crescita si ottiene dalle riforme (salari e stipendi più bassi, la via verso il Bangladesh) e non dal debito (ask to Japan).
In un paese stordito dove neppure Grillo ha il coraggio di urlare nelle piazze che il blocco benedetto da Re Giorgio non è dovuto alle intercettazioni o alle Province o agli stipendi dei parlamentari (che saranno le brioches regalate al popolo nell’ultimo atto dei partiti nati dopo il 1992), ma alla conservazione del blocco di potere che garantisce il “vincolo esterno” sull’Italia 1992-2013 (qui e qui), e dunque impone persone di provata fedeltà (persino Renzi, che pure va alle cene dell’alta finanza a Milano assolutamente senza la base e raccoglie appunti sui tagli a stipendi pubblici e pensioni, è un outsider perché troppo chiacchierone e ambizioso: come il Berlusca, lui e l’austerità fanno a cazzotti: anche se potrà imparare). Ecco i fantastici quattro, quelli veri: D’Alema, Amato, Letta, Prodi, con quest’ultimo un po’ più bamboccio (e s’è visto). Con il disegnatore del fumetto, Napolitano.
Ecco allora il Piano B, l’unico. Già previsto un anno fa e più. Passare alla vendita del patrimonio pubblico. Sottoutilizzato e utilizzato, in perdita o in utile: dalle carogne in putrefazione si prende tutto. “Ecco, stiamo risanando il paese senza aumentare le tasse” (leggi: non possiamo darvi ancora una dose di veleno altrimenti morirete, dunque siete in vita come ci occorre e intanto vi stiamo vendendo la casa).
E’ già tutto previsto dall’Agenda Monti, scritto in calce: “Dismissione e valorizzazione del patrimonio pubblico per la riduzione del debito pubblico (ogni provento deve essere utilizzato per questo scopo)”. Follia contabile, logica, tecnica.
Monti, cautamente, ha previsto 15-20 miliardi di dismissioni all’anno (campagna elettorale). I fantastici quattro, con l’aggiunta di Napolitano e Draghi, sono stati gli artefici principali delle privatizzazioni dei gioielli italiani negli Anni ’90, come ad esempio il Nuovo Pignone, ceduto alla General Electric. Nessun paese al mondo ha privatizzato più dell’Italia dei “komunisti” (Silvio, e basta con sto cabaret!) in quegli anni.
Oggi gli interessi nazionali e internazionali sono puntati su quanto resta pubblico di Eni, Enel, Finmeccanica, ma anche il patrimonio turistico e culturale italiano.
Questo è il compito del nuovo governo che potrebbe agire indisturbato nella spartizione della torta mentre il popolo si accontenta delle brioches: è l’ultimo tassello del terzomondismo europeo, e sarà politicamente corretto. Pulito come un volto da Commissione Trilaterale.
Ci sono due incognite: Silvio Berlusconi e il disfacimento anarchico del Partito Democratico, che non si ricompatterà più. Oltre che la necessaria maturazione del M5S, per ora incapace di entrare in queste dinamiche. Ce ne occuperemo presto.
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Un’altra possibilità da brivido potrebbe essere la vendita delle riserve auree visto che siamo il terzo paese e la nostra quantità fa gola a molti (specialmente qualcuno dell’eurozona che comanda e non si sa bene in base a cosa). Comunque ottimo articolo complimenti!
Dismettere degli asset improduttivi e non strategici per ridurre il debito ci può stare; il resto no.
Occorre ripensare il rapporto con l’europa, con l’euro e con una visione troppo domestica dell’economia.
Occorre dare lavoro, rimettere in modo la produzione, dare la priorità all’economia reale rispetto al suo risvolto finanziario, che dovrà tornare a essere funzionale alla produzione e non il contrario come appare oggi.
Il debito è un numero. Se proprio qualcosa si deve vendere, al massimo si riduca la tassazione così da creare ricchezza reale e non miraggi monetari.
Il debito comporta il pagamento di interessi pesanti, e in mancanza di sovranità monetaria comporta il rastrellamento di risorse con tasse e dismissioni. Sarebbe solo un numero se si potesse stampare moneta a piacimento, ma anche in questa ipotesi avremmo altri serissimi problemi legati all’apprezzamento delle importazioni, specie di materie prime e probabili spinte inflattive.
PS. Conosco la tua infatuazione monetarista, ma la vedo come ricetta utile solo a piccole dosi per dare respiro all’economia, e non per grandi numeri.
Flammini non ha bisogno dell’avvocato ma posso solo aggiungere che non si tratta di infatuazione piuttosto di un lungo percorso di studio meditazione e confronto; liquidarlo come una fiamma emotiva, più che irrispettosa per il pensiero altrui è indicativa di scarsa conoscenza.
Quando ci si conosce e c’è stima, ci si possono permettere espressioni come “infatuazione”, che non mi sembrano particolarmente irrispettose; dall’interessato posso anche accettare una risposta offesa, a cui porgerei eventualmente le giuste scuse, mentre da lei che non conosco no. Se ha qualche contributo telegrafico da portare per smentire la mia affermazione nel merito della questione ben venga, ma lasci perdere gli aspetti personalistici.
Mi ero perso la risposta: sì è una infatuazione, una infatuazione democratica. Le dismissioni di cui si parla non vanno a beneficio delle “masse” del tipo gleba del tipo delle espropriazioni anarchiche spagnole ma neppure del “ceto medio” borghese e piccolo borghese. Si tratta di un trasferimento di risorse dallo Stato a 5-6 grandi famiglie/gruppi italiani oltre che a multinazionali straniere globali. Il bello è che questo è stato già fatto, e viene fatto da 20 anni. Il rapporto debito/pubblico Pil è un numero, non ha senso svenarsi per ridurlo anche perché significa svenarsi per impoverirsi. L’esperienza degli anni ’90… Leggi il resto »
Concordo con Primo, Mi spiegate per quale motivo uno Stato dovrebbe spendere sistematicamente più di quello che incassa?
orma il mondo è globalizzato ed diventa complicatissimo andare contro corrente.
?
L’Italia spende sistematicamente MENO di quello che incassa (ok gli interessi cumulati bla bla bla)
Tutto il mondo spende SISTEMATICAMENTE più di quello che incassa
Mi arendo (una “erre”).
Ripeto: sono disponibile ad approfondimenti se qualcuno pensa possano essere utili.