L’AQUILA – A quattro anni da quella terribile notte che ha cambiato per sempre il volto dell’Aquila, la città ancora non risale la china in cui suo malgrado è precipitata. A quattro anni dalla mobilitazione generale e dai proclami della politica che assicurava una ricostruzione rapida alla popolazione sgomenta, orfana di 309 vittime rimaste sotto quelle maledette macerie, il centro storico della città continua a morire ogni giorno e ricorda, con le crepe ancora in vista sui palazzi, le migliaia di ponteggi che ingabbiano gli edifici non più agibili, i negozi chiusi, che il ritorno alla normalità è ancora lontano.

La ricostruzione arranca, sia nei Comuni del cratere che all’Aquila dove, in particolare nel centro storico è addirittura ferma al palo. Mancano i fondi necessari e, dunque, si naviga a vista. La città si spopola e sarebbero circa 3500 le persone, soprattutto giovani, che sono andate via nell’ultimo anno.

L’Aquila questa notte ha ricordato le sue vittime con una fiaccolata a cui hanno partecipato circa 12mila persone. “Questo è l’anniversario più brutto perché si è persa la speranza” ha affermato amareggiato il sindaco Massimo Cialente. “Servono soldi per la ricostruzione, qualunque sia il Governo, altrimenti la città muore”.

E il dolore per una tragedia che forse si poteva arginare nella sua immane devastazione, si rinnova non solo nel giorno dell’anniversario, ma in ogni giorno dell’anno, quando ci si incammina per le vie del centro storico diventato alla stregua di una città fantasma. L’eco del sisma è ancora cupo, presente, tangibile: nei monumenti e negli edifici sfregiati, lungo le vie deserte, nel silenzio irreale. La rinascita urbana è ancora pesante incertezza.