SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Che l’economia non giri è un dato di fatto: pochi soldi nelle tasche dei cittadini sono sinonimo di casse per di più vuote per i negozi, e anche a livelli superiori le imprese si domandano se valga la pena rischiare in questo momento di penuria finanziaria. Ora a tutto questo aggiungiamo l’evoluzione dei tempi, un’infinita spinta verso la tecnologia e un mondo che non può più fare a meno di Internet.
Con tali premesse spostiamoci nell’ambito del mercato musicale: è lampante che anche in questo caso la situazione sia tutt’altro che positiva. Questi tempi bui si possono superare o per i negozi di dischi è davvero finita? Lo abbiamo chiesto a Mauro Petrini, proprietario di DiscoService, ultima roccaforte della musica su compact disc nel centro di San Benedetto.
Da quanto tempo siete attivi in città e come sono stati questi anni da quando avete aperto?
“Il negozio è nato nel 1978, e fino a dieci anni fa le vendite andavano molto bene. Da un decennio ormai invece c’è stato un calo nettissimo delle vendite, da registrare intorno al 70%”.
Ormai il suo negozio è una realtà consolidata, e soprattutto l’ultima rimasta di questo genere a San Benedetto: che ne pensa? Le pesa questo compito?
“Si è vero, siamo rimasti da soli in città, prima c’erano anche i miei colleghi di Nuovi Orizzonti ma adesso rimaniamo solo noi ad offrire questo tipo di servizio. Sarebbe inutile negare che le cose stiano andando male e il pensiero è quello di non riuscire a continuare ancora per molto, i negozi fisicamente spariranno vista la larga diffusione degli mp3. La nuova generazione è così, per noi più grandi di certo è un peccato ma è così e va accettato”.
Che tipo di persona si reca da lei ad acquistare oggi?
“La clientela che abbiamo adesso si attesta tutta quasi sopra i 40 anni, al di sotto di questa soglia è difficile trovare acquirenti. E’ vero, c’è ancora qualcuno che è legato all’oggetto materiale ma è una netta minoranza, si contano sulle dita di una mano”.
Com’è stato il periodo delle feste appena passate? Si è confermato anche nell’anno nuovo?
“Il Natale è stato decisamente il periodo migliore, almeno in questo momento dell’anno infatti c’è stata una buona affluenza che ha fatto risollevare un po’ gli animi, visto che è rimasta la buona tradizione di regalare musica e in questi casi anche una spesa di una ventina di euro, che comunque rappresenta il prezzo attuale degli album, si affronta più facilmente. L’anno invece è iniziato molto male. Non c’è molto da fare, per quanto riguarda la musica siamo arrivati ad un punto finale: la nuova generazione può reperire tutto con estrema facilità da Internet e chi vuole acquistare legalmente nella maggioranza dei casi lo fa negli shop online”.
Secondo lei ci sono delle colpe per quanto sta accadendo ai negozi di musica, a prescindere dalla normale evoluzione digitale e dalla crisi?
“Alla fine è un processo naturale, anche se una parte della colpa di come si sia evoluta la situazione senza dubbio deriva dalle case discografiche: se continuano a mantenere questi prezzi è difficile che qualcosa cambi, invece se ci fosse un abbassamento generale forse si potrebbe sperare in qualcosa di diverso. In più anche la qualità della musica è cambiata, è sicuramente differente rispetto a 20-25 anni fa”.
Che genere di musica si acquista maggiormente oggi?
“Gli acquisti sono sempre mirati ai classici per quello che posso notare, un esempio è Mina che continua ad interessare. Al momento molti stanno aspettando il nuovo lavoro di Vasco Rossi, mentre altri artisti che hanno un loro seguito commerciale sono Gianna Nannini e Mario Biondi, ma anche Andrea Bocelli e Jovanotti, in genere restano questi i più venduti. La tendenza ad ogni modo è che si seguano molto di più i grandi nomi italiani, andando a scavalcare le vendite degli artisti stranieri con una inversione rispetto al passato”.
Lascia un commento
C’è un altro negozio di dischi in centro a San Benedetto che vende anche molti vinili (!): Music Store Underground, nel seminterrato della libreria La Nuova Editrice.
Condivido il periodo riguardante le case discografiche. A fronte di costi di produzione e riproduzione irrisori, si continuano a chiedere i classici 20 – 25 euro a disco. Poi chi ne fa le spese è solo il piccolo commerciante, visto che esiste il digital delivery (che reputo abbia comunque costi molto alti ancora, soprattutto se si vuol far fronte al fenomeno pirateria). Solidarietà a tutti i piccoli imprenditori del settore.
Ma non è solo per la crisi economica che stiamo attraversando. Di certo niente è immutabile e le innovazioni o vengono capitalizzate oppure ci distruggono. Le conseguenze sono a catena. Ricordo il ruolo della salumeria e della macelleria, oggi sono inglobate nel supermercato. Qualcosa di analogo è iniziato con i negozi dei dischi ma manca il quadro terminale di riferimenmto, o meglio non lo si coglie con determinazione. Mi spiego. Certo è che nei decenni passati e comunque prima del 2000 c’era anche un consumo di musica diverso da quello di scaricare i pezzi da internet. Ma le tecnologie non… Leggi il resto »