MARTINSICURO – L’obelisco di piazza Cavour cade sotto i colpi della pinza meccanica, fino a diventare un cumulo di macerie trasportate in discarica. Che la sorte del monumento fosse già da tempo segnata era cosa nota, da quando si era cominciato a pensare che uno dei simboli della piazza dovesse essere sostituito con un’opera più moderna che si armonizzasse con il contesto urbano e che rappresentasse in maniera consona quel monumento ai caduti che ancora mancava a Martinsicuro, e di cui ne faceva impropriamente le veci il vecchio obelisco. Seppure all’epoca dell’amministrazione Micozzi era rimasto danneggiato durante i lavori di ristrutturazione della piazza (erano stati compromessi e distrutti i bassorilievi) e nonostante la nuova opera dell’artista Francesco Perilli si apprestava a prenderne il posto, nel 2010 era stata avviata una petizione popolare con 300 firme raccolte per salvare l’obelisco dalla demolizione.

Con la distruzione del monumento quindi, insieme al polverone delle macerie si è sollevato anche quello delle polemiche, dibattute finora principalmente su Facebook. E’ stato giusto o meno demolirlo? Era un simbolo di Martinsicuro e aveva una rilevanza storica per la città o era solo un elemento di arredo urbano? Si poteva trovare una soluzione alternativa alla distruzione, magari spostandolo altrove?

“Quanti di noi hanno firmato all’epoca per salvarlo??? – si chiede il segretario del Pd Giuseppe Capriotti – quanti di noi hanno fatto qualcosa per salvare l’obelisco? La colpa non è solo dei nostri amministratori (che mancano di partecipazione nelle scelte) ma anche dei martinsicuresi che si svegliano sempre dopo, a cose fatte. Personalmente credo si sarebbe potuto prevedere una dislocazione di almeno un obelisco in un altro punto della città. Ogni tesserato del Pd però può avere una’opinione personale. Sono convinto però che noi avremmo coinvolto la città su questa importante scelta”.

“Questo monumento risalente al 1961 – afferma Valentina -, era ormai a tutti gli effetti divenuto un bene culturale, con una sua portata storica, sociale e, non ultima, affettiva. Il concetto di sostituzione del vecchio con il nuovo non può essere applicato in questi campi. Per intenderci, non mi pare che il Colosseo sia stato demolito perché non più all’ avanguardia, o che la Colonna Traiana sia stata distrutta perché non in linea con un nuovo progetto! La bravura di un artista o architetto contemporaneo sta proprio nella giusta mediazione tra nuovo e vecchio, che di sicuro non va demolito, ma, anzi valorizzato. Un ultimo consiglio: quella che è universalmente riconosciuta come la miglior piazza d’Italia è a pochi passi da noi, piazza del Popolo, Ascoli Piceno. Facciamoci un giro e valutiamo le differenze”

“Tutti noi vi eravamo affezionati – aggiunge Maurizio – se ben ricordo Martinsicuro è divenuto Comune nel ’61, e a prescindere da quando è stato “posato” l’obelisco, tutti noi siamo cresciuti alla sua ombra…”

“Le persone normali fanno di tutto per preservare la propria storia, la propria identità – è stato il commento di Rossano Piccioni – scommetto che nessun politico ha mosso un dito per salvare questo monumento. Se c’è fatecelo sapere.  Diteci il nome. Così non ci sentiremmo così distanti dalla vostra politica”.

La sostituzione dell’obelisco era stata voluta dall’amministrazione Maloni che grazie ad un finanziamento regionale di 30mila euro aveva dato il via al bando per la realizzazione di una nuova opera. Il monumento dell’artista Francesco Perilli è stato sistemato in piazza Cavour con la giunta Di Salvatore, mentre gli ultimi passaggi della demolizione dell’obelisco sono stati completati dall’amministrazione Camaioni.

“Se fosse stata concepita con uno stile diverso – afferma l’assessore al Turismo Massimo Corsi – sicuramente oggi non eravamo qui a lamentarci, purtroppo è andata in questo modo, comunque anche quello nuovo merita uno sguardo”.

“Nelle intenzioni della precedente amministrazione – aggiunge il consigliere Pdl Massimo Vagnoni – c’era l’idea di lasciare comunque in piazza il ricordo dei caduti attraverso il posizionamento della lastra di marmo ove sono incisi i nomi al di sotto del piano della piazza, con sopra una lastra in vetro”.

A distanza di tanti anni nel centrosinistra, che ha dato l’input per la sostituzione dell’obelisco, ci sono visioni diverse sulla fine toccata al monumento: “Che tristezza – afferma Andrea Buoanspeme (Pd) – L’obelisco, storia del nostro paese, innalzato nel 1961 in occasione del centenario dell’Unità D’Italia, da oggi non c’è più. E’ divenuto in un attimo, un cumulo di macerie. Quanti ricordi. Quante volte, da giovani abbiamo detto.. “ci vediamo lì, l’appuntamento è lì davanti all’obelisco….” quando c’erano i giardinetti. Tutti i ricordi in un mucchio di marmo spezzato. Li porta via con se. E la domanda che mi viene facile è: era questa l’unica fine che il nostro obelisco avrebbe potuto fare?”

“Quello che è stato fatto dall’amministrazione era un atto dovuto (non siamo Alessandria d’Egitto, un obelisco basta) – dice il segretario del Pd Capriotti -. Abbiamo però perso il monumento all’Unità d’Italia 1861 – 1961; diamo risalto alla memoria di questo obelisco conservando l’epigrafe e valorizzando il monumento ai caduti (il nuovo obelisco).  Questo implica che quando si pone una corona di fiori ai caduti, va fatto lì e non nel monumento all’unità d’Italia, ma tutto questo, grazie a Dio, non succederà più”. “Anche a me – prosegue Capriotti – dispiace veder abbattuto questo monumento cittadino, però ci si doveva pensare prima…e chi oggi piange la scomparsa dell’obelisco si sarebbe dovuto muovere prima per opporsi a tale scelta. Io credo sia giusto che quell’epigrafe venga esposta in un luogo pubblico, valorizzata, e inaugurata da una bella cerimonia”.

“Alle cose, ai simboli, cosi come alle persone – commenta Giorgio Anedda – ci si deve tenere quando ci sono non ricordarsene quando non ci sono più”.

“Personalmente non avrei fatto costruire il secondo – afferma Matteo Bianchini – Mi sarei tenuto il primo e basta in quanto ha visto la nascita del nostro Comune…”

C’è chi infine suggerisce che il monumento non doveva essere distrutto, bensì spostato altrove.