SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Due ore e mezzo di concerto interamente dedicate a Monica Fabiani, la 13enne investita ed uccisa due settimane fa ad Acquasanta da un’auto che viaggiava contromano. “Il mio pensiero va a lei e ai suoi genitori, che sono presenti in sala. A loro auguro un sereno Natale, se possibile”. Un messaggio speciale, in una serata da incorniciare per Massimo Ranieri, che riempie la sala rossa del Palariviera in ogni ordine di posto.

Davanti ad almeno 950 persone va in scena “Chi nun tene coraggio nun se cocca ch’ ‘e femmene belle”, un recital rivolto non ai vincitori e agli eroi, bensì agli ultimi e ai sognatori. “Chi non ha coraggio non fa l’amore con le belle donne – spiega l’artista partenopeo – è un vecchio proverbio napoletano, significa che bisogna scalare le montagne; soltanto così, persino il più debole e disgraziato, può raggiungere i propri sogni”.

Lo show alterna brevi monologhi a tante canzoni. Di altri. Gli omaggi, interminabili ed appassionati, toccano Umberto Bindi con “Il mio concerto”, Francesco De Gregori (“La leva calcistica del ‘68”), Antonello Venditti (“Ricordati di me”), Franco Battiato (“La stagione dell’amore”) e Lucio Battisti (“Io vivrò senza te”). Parentesi ironica quando il cantante accenna “O russo e ‘a russa” di Carosone” e “Lo shampo” di Giorgio Gaber.

“Quel che si dice”, brano a tematica gay, è invece la sentita celebrazione a Charles Aznavour. Ranieri confessa di avergli regalato un ulivo: “Come la pianta è piccolo e fortissimo”.

Sessantun anni e non sentirli. E se il fisico, inesorabilmente, cede ai segni del tempo, la voce al contrario è sempre la stessa. Intensa, profonda, intonatissima. Il sostegno ulteriore giunge dall’orchestra, composta da Massimiliano Rosati alla chitarra, da Flavio Mazzocchi al pianoforte, da Mario Guarini al basso, da Luca Trolli alla batteria e da Donato Sensini al sax.

Ad un tratto il sipario si chiude. Una prima ed una seconda volta. Non basta per convincere il pubblico ad alzarsi dalle poltroncine. L’intuizione è azzeccatissima, perché Ranieri è di nuovo lì, stavolta però col suo di repertorio, che gran parte dei presenti canta in piedi, a bordo palco. E’ l’apoteosi: “Erba di casa mia”, “Vent’anni”, “Rose Rosse”, “Perdere l’amore”. Fino al congedo: “San Benedetto è una città a cui sono molto legato”. E’ solo un arrivederci.