dal settimanale Riviera Oggi numero 941

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Etica, diritti civili e una realtà quotidiana volta all’aiuto di chi si trova in difficoltà. Con padre Valerio Valeri, parroco della chiesa San Giuseppe, parliamo di alcune delle attività portate avanti dalla parrocchia da lui guidata. E proprio nei locali del complesso dei Padri Sacramentini, con il sacerdote veneto c’è spazio anche per l’attualità come le aperture dei negozi nei festivi e il registro delle coppie di fatto. “Una forzatura. Non vi è un dibattito su un argomento che a mio avviso meriterebbe una profonda riflessione”.

La parrocchia San Giuseppe ha pochi spazi a disposizione, così parte delle attività si svolgono nei locali della chiesa dei Padri Sacramentini.
“La parrocchia di San Giuseppe è una delle più centrali della città. Dai Padri Sacramentini abbiamo in comodato d’uso il refettorio e una sala adibita a un centro di ascolto. Tre persone infatti accolgono coloro che sono in difficoltà e valutano insieme il tipo di aiuto richiesto. Il tutto avviene con la collaborazione del Banco Alimentare che distribuisce i beni di prima necessità. Ci atteniamo ad ogni modo alle indicazioni della Caritas diocesana, fra le quali quella di operare per il nostro territorio. Non sempre però è così facile. Coloro che si rivolgono a noi non appartengono alla parrocchia, ed è quindi difficile poter dare una risposta a tutti. Fra questi troviamo badanti, senzatetto e purtroppo anche persone con precedenti penali che chiedono soldi a volte con la scusa di telefonare alle loro famiglie. Ma più in generale si rivolgono a noi gente che non riesce a pagare le bollette o permettersi i medicinali. Sarebbe importante un incontro con la Caritas visto che hanno una schedatura utile a fornire dei dati precisi alle parrocchie per gli aiuti ai bisognosi”.

Negli ultimi tempi si è tornato a parlare di temi etici, fra cui legge 40 e fecondazione assistita. La sua opinione in merito?
“La questione è alquanto complessa. La Chiesa resta per me la madre maestra, la sua parola è quella a cui mi affido così come mi insegna che quando mi trovo davanti a dei bisognosi il valore dell’accoglienza, dell’ascolto e del dialogo deve prevalere a prescindere dalla diversità di opinione. Si cerca di introdurre ciò che la Chiesa propone non come un diktat ma come una madre che da consigli. Un figlio però non è una proprietà né un diritto, è un altro. Certo, i cambiamenti devono interrogare una Chiesa visto che ogni tempo diventa un’opportunità per approfondire meglio il Vangelo che non è un album di ricette, ma un orizzonte sempre aperto”.

Un’opinione che si riflette anche sull’eventuale introduzione del registro delle coppie di fatto in città?
“Assolutamente. Quella del registro è secondo me una forzatura, perché non vi è né un dibattito sulla questione, tantomeno l’esigenza di anticipare un aspetto che a mio avviso meriterebbe un’approfondita riflessione”.

Come considera l’apertura degli esercizi commerciali anche nei giorni festivi?
“Concordo con l’opinione espressa dagli altri parroci. Dio ha donato il tempo all’uomo e questo deve accoglierlo come tale. È un principio che si rifà all’immagine del giorno di riposo sabbatico che non era in onore a una maestà divina ma la vicinanza di Dio nei confronti dell’uomo per un’idea di benessere che questi ritrova dopo giorni di lavoro. Mi capita spesso di notare nel corso delle riunioni con genitori e ragazzi quanto sono presi dai loro impegni. Un certo modo di fare economia ha rubato il tempo da dedicare al relazionarsi, così tutto diventa dovuto inducendo così la società a volere sempre di più. Si tratta di un grosso problema antropologico anche se è vero che è difficile intravvedere soluzioni ma una domenica libera non può che rappresentare una sorta di speranza”.