SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dai parroci ai politici. La questione liberalizzazione degli orari torna a far discutere e crea nuove fazioni. Dopo la presa di posizione cerchiobottista del Popolo della Libertà (“Il lavoro è importante in tempi di crisi, ma non fa male ritrovare un po’ di spiritualità”) e quella più decisa dell’assessore al Commercio Fabio Urbinati (“Il problema è semmai la mancanza di occupazione), arriva puntuale il commento della sezione sambenedettese di Rifondazione Comunista.

“La nostra posizione è nota ai più ed è sempre stata coerente con l’idea che noi abbiamo di futuro, di lavoro e di funzionamento dell’economia”, dichiara il segretario locale Gabriele Marcozzi. “Siamo ben contenti che la Chiesa abbia posto al centro del dibattito questo problema che noi già sollevammo insieme alla Cgil, quando il sindaco fece l’ordinanza per far rimanere aperti i negozi nei giorni del 25 aprile e del 1 maggio”.

Secondo Rifondazione, tenere aperti i centri commerciali nei giorni di festa “non giova al guadagno e non fa aumentare la spesa dei clienti”. Il motivo? “Le famiglie hanno un tot di soldi, che è sempre minore per via delle misure che questo Governo sta adottando, e possono spendere una cifra che rimane quella. Accade che la spesa si potrebbe distribuire solo sui giorni festivi facendola contrarre negli altri giorni che rimarranno un costo fisso per il negozio. In secondo luogo i lavoratori per quanto espresso sopra, non potranno aumentare di numero perché un negozio che allunga il suo orario di lavoro non assume maggiore manodopera, ma grazie alle detassazioni sugli straordinari, faranno lavorare di più quella che già hanno con un aggravio per i precari che saranno costretti ad orari spezzati e anche a uno sfruttamento perché difficilmente verrebbero ben retribuiti. E anche se lo fossero sarebbero sempre costretti a un pluslavoro che non andrebbe a beneficio dell’intera economia”. Così come i parroci, Marcozzi tira inoltre in ballo il problema delle relazioni affettive: “Può sembrare banale, ma sono cose importanti nella vita delle persone, che vanno rispettate. E ovviamente, religione a parte, le feste sono per natura i luoghi dove tutto questo si può verificare. Non è la stessa cosa stare con la famiglia durante la settimana, perché uno che per esempio si vuole godere i figli non può farlo perché essi stanno a scuola. Ci sono delle pause dal lavoro che vanno rispettate dove è possibile. E’ ora di finirla e di cominciare a costruire una coscienza comune che ci porti a lottare per un aumento delle condizioni generali di tutti. Nessuno escluso”.