SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il centrosinistra formerà un gruppo di lavoro per decidere che tipo di mozione portare in Consiglio Comunale in merito al Registro per le coppie di fatto. A deciderlo è stata la stessa maggioranza, riunitasi nel tardo pomeriggio di martedì.

Prosegue dunque il dibattito in merito ad un tema che, giorno dopo giorno, si sta rivelando sempre più bollente. Tutto cominciò da un tweet. Quello di Gaspari, in risposta ad un internauta che domandava al sindaco quando anche la città San Benedetto si sarebbe appunto munita di un Registro per le coppie di fatto. Un “presto”, forse più di circostanza che di convinzione, che tuttavia ha scatenato reazioni su reazioni, tra esplicite soddisfazioni ed irritati moniti mai così trasversali.

Non ci sono infatti né destra, né sinistra, né centro che tengano. Il tema, più che alle direttive di partito, si lega piuttosto alle coscienze dei singoli rappresentanti in Consiglio Comunale. Ecco allora le divisioni, i distinguo, le differenziazioni. Anche sorprendenti.

Il desiderio da parte del primo cittadino di arrivare all’equiparazione delle unioni civili a quelle generate dal matrimonio (civile o religioso) venne già alla luce prima dell’estate, quando il numero uno di Viale de Gasperi strizzò l’occhio alla proposta avanzata dall’associazione Robin Hood e dalle sezioni giovanili di Italia dei Valori e Partito Democratico.

Un assenso senza scadenza che però arriva a travolgere Gaspari oggi, in quanto quasi costretto a fissare una data per la discussione dell’argomento in Consiglio. “Se fosse dipeso dai, avremmo parlato del Registro da tempo”, ha esclamato con sicurezza. “Al contrario, credo sia giusto attendere che si instauri un clima di serenità per confrontarsi”.

Eppure, la capogruppo Palma Del Zompo sembra voglia bruciare i tempi con l’allestimento di una bozza da presentare già dai prossimi civici consessi: “Stiamo verificando se a livello amministrativo ciò sia possibile. Se così sarà, se non ci saranno intralci, e soprattutto se questo registro non si presenterà come un contenitore vuoto, credo che sarà una battaglia da fare: la politica dovrebbe servire a questo, a dare risposte ai cittadini”.

Ma la Del Zompo dovrà vedersela pure, se non soprattutto, con i suoi compagni di coalizione. A partire dal compagno di banco, sempre dell’Idv, Giancarlo Vesperini. Il suo no al Registro appare invariabile. Identico discorso varrebbe per numerosi esponenti del Partito Democratico. “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, ha tuonato recentemente Giulietta Capriotti. “A dirlo è la Costituzione; per chi è laico e non vuole sposarsi in Chiesa esiste il matrimonio civile. Le garanzie già ci sono. Vanno tutelati soprattutto i figli, che sono il fulcro della famiglia. Sto già pensando al riequilibrio di Bilancio, a come impedire che si aumenti l’Imu sulla prima casa. Questi sono i problemi che interessano i cittadini”. Non una voce isolata, visto che all’ex presidente dell’assise si sommerebbero Roberto Bovara della civica Città Aperta e gli altri democrat Gianluca Pasqualini (“non condivido la linea di principio”) e Vinicio Liberati, che addirittura sposa in toto i motivi dell’opposizione avanzati dal centrista Domenico Pellei.

Il capogruppo Udc ritiene che “in tempi di governi di emergenza e di crisi economica, sarebbe meglio non agitare bandiere e ingaggiare battaglie ideologiche su temi essenziali per la coesione e la stessa sopravvivenza della nostra compagine”. Avanza poi un’altra osservazione, la più sentita, considerando che il Registro sarebbe accessibile pure alle coppie omosessuali: “La tutela giuridica del matrimonio ha la sua unica ragion d’essere nella sua naturale funzione generativa, preclusa, sempre per ragioni naturali, alle unioni gay”. Marco Calvaresi, inizialmente critico con Pellei ed immediatamente redarguito dai vertici del partito, opterà invece per la più comoda astensione.

Sul fronte Pdl, pochi dubbi. I consiglieri azzurri si esposero già a giugno, in occasione della visita di Carlo Giovanardi in Riviera. “Ho rispetto per tutti, ma non credo sia giusto”, obiettò Pasqualino Piunti. “Non è una priorità e nemmeno una soluzione”. Sulla stessa lunghezza d’onda Gabrielli, Tassotti, Ruggieri, Assenti e Massimiani. Non Luca Vignoli, oramai in perenne rotta di collisione col proprio movimento. La sua premessa non lascia spazio ad interpretazioni e, a dire il vero, somiglia ad una vigorosa stoccata: “Non sono un talebano. Il mio pensiero in materia è differente da quello del mio partito. Potrei votare favorevolmente, molto dipenderà però dai toni e dai contenuti. Se lo stile sarà quello solito dei dipietristi mi opporrò, in caso contrario ragionerò”.

Calcolatrice alla mano, il Registro troverebbe in assise una strada in salita, con pendenza massima. I favorevoli si fermerebbero a dieci consiglieri, a fronte di ben dodici contrari certi.