SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Arriva il primo no, assai prevedibile, all’ipotesi d’istituzione di un Registro delle coppie di fatto lanciata nei giorni scorsi dal sindaco Gaspari.

La convinta opposizione all’iniziativa giunge da Domenico Pellei, consigliere comunale dell’Udc, che snobba e critica la possibilità di equiparare le unioni civili a quelle suggellate dal matrimonio. “In tempi di governi di emergenza e di crisi economica, in tempi di sacrifici per tutti, forse sarebbe meglio non agitare bandiere e ingaggiare battaglie ideologiche su temi essenziali per la coesione e la stessa sopravvivenza della nostra compagine”.

Pellei non usa mezze parole. Considera l’argomento “un’idea inefficace e solo un’operazione d’immagine”, visto che “abbiamo davanti esperienza di quanto accaduto nelle altre città dove questo registro è poco utilizzato e non comporta alcun vantaggio evidente per le coppie non sposate”.

Scontato quindi un approfondimento sul tema più delicato, ovvero quello inerente ai rapporti fra omosessuali. “La tutela giuridica del matrimonio ha la sua unica ragion d’essere nella sua naturale funzione generativa, preclusa, sempre per ragioni naturali, alle coppie gay”. Tuttavia “precludendo ai gay il matrimonio, non togliamo loro assolutamente nulla, perché non esiste un diritto dei conviventi che non possa essere efficacemente tutelato – su un piano socio-patrimoniale – a prescindere dal riconoscimento del vincolo coniugale. Caratteristica di una famiglia, lo ripeto, è che la libertà di due persone di sesso diverso che scelgono di convivere e procreare ha una valenza pubblica. Questo risale a tremila anni prima di Cristo – puntualizza Pellei – e continua a tutte le latitudini. La Costituzione riconosce questa società naturale; non si tratta di una formulazione cattolica, ma di tutta l’assemblea costituente, con marxisti, socialisti e liberali. È proprio la famiglia, che ha un ruolo sociale e civile evidente e riversa positivamente sull’intera società il suo benessere complessivo, a richiedere sostegno in questa fase di crisi economica. Mi pare che in questa operazione ci sia una notevole forzatura che onestamente non mi aspettavo da questo sindaco”.

Il provvedimento era stato approvato in piena estate a Milano dalla giunta Pisapia, dopo oltre dieci ore di discussione, mentre un secondo semaforo verde è scattato a fine settembre a L’Aquila. La delibera approvata in Abruzzo sancisce che si considera unione civile “ogni nucleo, basato su legami affettivi o di mutua solidarietà, tra due persone maggiorenni, caratterizzato dalla convivenza e dal contributo di entrambe le parti alle esigenze di vita comune, che abbia chiesto ed ottenuto la registrazione amministrativa”. Un regime applicabile ai cittadini italiani, comunitari e stranieri iscritti nell’anagrafe della popolazione residente nel Comune, che si impegna “a tutelare e sostenere le unioni, al fine di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio”.

Percorso questo, valutato positivamente da Gaspari nei giorni scorsi, ma già messo in forte discussione da un’importante forza sedente in Consiglio Comunale.