SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “C’è da riscoprire l’importanza dei settori giovanili. Ormai non riusciamo più a comprare all’estero ed è giusto trovare ragazzi in casa. Da quando Sacchi è responsabile delle nazionali giovanili le cose sono comunque migliorate”. Parola di Billy Costacurta, sbarcato a San Benedetto venerdì per dare voce e volto al Milan Junior Camp, il campo estivo di calcio rivolto ai ragazzi dai sei ai quindici anni che ha impegnato ben centouno partecipanti. Un’iniziativa sposata con passione e convinzione, tanto da spingere l’ex pilastro rossonero a coinvolgere persino il figlio, Achille: “Lo considero soprattutto un percorso di crescita, un’esperienza di vita. Il gioco di squadra aiuta a maturare”.

Sette scudetti, cinque Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali e tanto altro. Una bacheca interminabile, senza eguali. A fargli concorrenza, semmai, quei compagni di squadra che hanno condiviso con lui un ciclo calcistico entrato nella storia. Molti di loro, oggi, sono affermati allenatori, mentre Billy per ora preferisce gli studi televisivi.

Sei opinionista affermato su Sky e da pochi mesi conduttore del programma “4-3-3”, nel quale intervisti i tecnici di Serie A. Non ti manca la panchina?

“Mi piace molto allenare e sono felice che questo sentimento traspaia. Tuttavia adesso la priorità è Sky per tanti motivi. Certo, se arrivasse il Milan sarebbe un altro discorso, anche se dubito che il club abbia intenzione di privarsi di Allegri. Solo il Milan potrebbe convincermi, o semmai un’esperienza all’estero”.

All’attivo hai un’unica esperienza a Mantova nel 2008-2009, a stagione iniziata. Finì male, con appena quattordici partite e il tuo abbandono anzitempo. Non c’è rimpianto per essere accostato a quell’unica avventura?

“Feci le mie scelte, coi rischi che comportarono. Quella non era la squadra che volevo io. 5-6 giocatori successivamente squalificati erano alle mie dipendenze, qualcosa vorrà dire. Le persone non era quelle che credevo, persino il mio direttore sportivo fu sospeso”.

Tornando al Milan, sul caso Thiago Silva si sono messe in evidenza due correnti di pensiero. Mentre i rossoneri del presente spingevano affinchè la società non cedesse assolutamente il difensore, molti di voi della vecchia guardia hanno al contrario sottolineato come il vero motore dei successi futuri del club sia la permanenza di Berlusconi e Galliani.

“Non so chi abbia ragione, diventa difficile comprenderlo. Noi però sappiamo di che pasta sono fatti quei dirigenti. La società del Milan era ed è la migliore del mondo, come struttura e organizzazione. Non ho condiviso alcune espressioni di certi calciatori. Non hanno ancora capito il valore del club in cui giocano”.

Vero è che mai come quest’anno si erano visti così tanti addii in blocco: Inzaghi, Seedorf, Gattuso, Zambrotta, Van Bommel, Nesta…

“Sì, è stato sorprendente nonostante fossero abbandoni annunciati ed obbligati. Così tanti tutti insieme rappresentano una grande perdita. Ma ho molta stima della società e credo si sia preparata adeguatamente a questo bivio. Lo dimostrano i nuovi acquisti: Traorè, Montolivo, Constant e Acerbi. Penso abbiano valutato la qualità dei giocatori e allo stesso tempo delle persone”.

Nel 2002 avevi 36 anni, rompesti col Milan e volasti in America. Per poi essere richiamato in extremis da Galliani e avviare un nuovo quinquennio di trionfi. Oggi, dieci anni dopo, pure Nesta ha 36 anni, ha chiuso coi rossoneri e si appresta ad approdare negli States. Potrebbe verificarsi lo stesso epilogo?

“Adriano ci sta provando a convincerlo. Sa quanto sia importante e tenterà sino all’ultimo. Se fallirà l’obiettivo Stati Uniti potrebbe tornare, ma capirei se preferisse un’esperienza oltreoceano. Nel mio caso, accadde che mi infortunai e i dirigenti ritennero che non sarei più tornato più ai livelli ottimali. Anni dopo ammisero di essersi sbagliati”.