La vittoria più bella.

Più bella della semifinale (già gloriosa) vinta in casa loro, a Dortmund, nel 2006. Più bella della finale mondiale del 2006, vinta soltanto ai rigori

Più bella della cavalcata del 2000, terminata a 30 secondi dalla fine della vittoria.

Più bella dell’appassionante Mondiale 1994, quando Roberto Baggio fece risorgere quattro volte lo squadrone di Sacchi.

Più bella delle vittorie di Italia ’90, quando le Notti erano veramente Magiche e si pensava di vincere a man bassa, e l’entusiasmo per Totò Schillaci era travolgente. Ma, appunto, le vittorie non erano così belle.

Bisogna tornare al 1982, al Mondiale spagnolo, alle sfide impossibili con Argentina, Brasile, Polonia e Germania (sempre loro). Forse qualcosa anche nel 1978, ma il mio ricordo svanisce. Sicuramente il 1970, sempre coi tedeschi (li ringraziamo).

Una Nazionale per cui non vale spendere altre parole. Solo due.
Il primo gol è stato collezionato grazie ad una perfetta sintesi del genio di Cassano e della forza di Balotelli.

Due ragazzi problematici, il primo ha dissipato per anni la sua classe superlativa confondendo i vicoli di Bari Vecchia con l’Olimpico e il Bernabeu e, al momento di averla ritrovata, ha superato anche la maledizione di una operazione al cuore.

Il secondo è giocatore eccessivo, preso di mira dagli stupidi delle curve. Anche la sua infanzia è stata turbolenta. Ha solo 21 anni e ieri ha raccolto il testimone direttamente da Roberto Baggio (diverso ruolo, certo, diversa carriera, il primo luminosa, il secondo tutta da scrivere). Non festeggia mai quando segna, ma ieri, al suo primo gol, ha abbracciato quella maglia azzurra che sente tutta sua. Al termine dell’incontro, mentre tutta Italia festeggiava in piazza, lui sorrideva e aveva le lacrime agli occhi.

Balotelli è diventato un simbolo, e la sua è una bella favola. Bella come questa Nazionale.
Ed ora vamos.