SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riceviamo e pubblichiamo da Gabriele Marcozzi, segretario comunale di Rifondazione Comunista.

E’ di pochi minuti fa la notizia, riportata da alcuni quotidiani online che riguarda una cittadina che, sola con tre figli, vede negato il proprio diritto di accedere all’edilizia residenziale pubblica.

Non sono in grado di discutere del singolo caso, che non conosco direttamente e su cui non posso pronunciarmi. Mi interessa invece soffermarmi sulle risposte dell’assessore di riferimento, Margherita Sorge, che difende l’operato dell’amministrazione con argomentazioni, per usare un efumemismo, perlomeno discutibili.

Stando a quanto riportato dai giornali (e non smentito dall’amministrazione), il caso di cui trattasi è emblematico. Una donna (che chiameremo X) sola e con tre figli a carico, oggetto di sfratto esecutivo, titolare di un lavoro a quanto pare modesto, non ha il diritto di accedere alle case popolari del Comune di San Benedetto perché comunque la sua situazione non è “sufficientemente grave” a giustificare questa possibilità.

Ora, non so quale idea di Edilizia Residenziale Pubblica abbia la Sorge, ma se non ha diritto un nucleo familiare in quelle condizioni, beh, chi ne ha diritto? Mi pare evidente che, a fronte dei nuovi “centinaia” di alloggi sbandierati in questi anni dall’amministrazione e mai realizzati, la situazione dell’edilizia pubblica a San Benedetto – e del diritto alla casa in generale – sia da terzo mondo. Dall’assessore ci saremmo quindi aspettati un “mea culpa”, una ammissione amara di impotenza, un atto d’accusa verso la gestione delle politiche della casa negli ultimi 15 anni.

E invece no. Non per niente, le proposte avanzate dall’assessore competente in materia, a ben vedere, fanno venire i brividi. Ad esempio, trasferirsi a Monteprandone. Ora, è del tutto evidente che di fronte a una sopravvenuta necessità il singolo cittadino tende ad adattarsi, ovvero: se non mi posso permettere un appartamento a San Benedetto, vado a Centobuchi dove pago un po’ meno.

Il problema però sorge quando a prospettarti questa possibilità è proprio l’assessore Sorge (scusate il gioco di parole) che ti dovrebbe garantire, a San Benedetto e non a Monteprandone, la possibilità di abitare in una casa dignitosa. E’ lei che dovrebbe farsi garante del diritto di vivere, anche in una fase di difficoltà economica, nella città dove si svolge la vita tua e quella dei tuoi figli (dove hai vissuto, dove hai creato le reti sociali che ti aiutano quotidianamente, dove lavori, dove i tuoi figli vanno a scuola magari senza necessità di accompagnarli con un mezzo costoso, etc). Nella città che, appunto, l’ha nominata assessore proprio per occuparsi di persone in quelle condizioni.

Per cui, un conto è quello che il singolo può fare per risolvere un problema (trasferirsi?), un altro la risposta che l’istituzione dovrebbe (DEVE) essere in grado di dare. Mi pare incredibile, poi, l’indelicatezza dell’elenco personale (altro che privacy!) dei benefici ottenuti dal cittadino in questione (anche e soprattutto relativamente a prestazioni di figli minori), quasi a elencare delle “regalìe” che magnanimamente vengono offerte dai Principi eletti a rappresentare i cittadini. Chissà se la Sorge ha la stessa dimestichezza nel fare i conti in tasca pubblicamente a tutti gli imprenditori con cui quotidianamente si rapporta, o se riserva l’umiliazione a chi nella società svolge un ruolo economico di minor prestigio e potenza. Mi pare, purtroppo, che il caso sia piuttosto evidente. Come uscirne?

Caro Assessore, lei non è lì per dispensare favori ai singoli cittadini che le vengono in udienza con la coda tra le gambe. Ogni domanda che le viene posta non deve intenderla come individuale, ma politica. Lei non si deve occupare dei singoli casi fornendo ben 5 udienze per capire “cosa si può fare”. Lei ha il dovere di agire per fare in modo che non solo il problema che le viene prospettato sia risolto ma che, domani, un’altra persona nelle stesse condizioni non sia costretta a rivolgersi a lei personalmente per avere riconosciuto un diritto.

Lei ha il dovere di , senza umiliare sé stessa, chi la ascolta e l’istituzione che rappresenta cercando posto nei paesi limitrofi per chi vive qui, perchè i cittadini valgono sempre uno, che siano figli di imprenditori che vogliono comprare casa o operai che cercano disperatamente di creare qui le radici per il loro futuro. E soprattutto: Lei è l’assessore ai servizi sociali. Elencare i benefici e gli sgravi dei cittadini che osano rifiutare la sua elemosina è un segno di arroganza e, se permette, di una sensibilità del tutto inadeguata al ruolo che ricopre. Ci auguriamo che questo bruttissimo scivolone resti isolato, e che cominci, finalmente, a lavorare per risolvere i problemi di chi ne ha da vendere.