SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Trent’anni di silenzio, e poi una verità urlata su un settimanale popolare (quello che pochi giorni fa pubblicò un altro scoop un po’ anomalo, relativo all’autista del Trota, leggi qui). Patrizio Peci “deflagra” su una San Benedetto per altri versi assonnatissima politicamente e che poco più di un anno fa, con l’intitolazione di una via a nome del fratello Roberto – ucciso nell’agosto 1981 dalle Brigate Rosse per vendicarsi di Patrizio, primo storico brigatista pentito – pensava di aver finalmente guarito una dolorosissima ferita.

C’è qualcosa di strano, certo, in tutto questo. Qualcosa che con parole dolci fa dire ad Emidio Girolami, persona emotivamente vicina alla pesante vicenda, una frase semplice e incontrovertibile: “La verità è una esplosione intima, l’intelligenza anche“.

Caro Patrizio Peci, c’era bisogno di affidare la “tua” verità ad un settimanale popolare? Forse non era meglio, la verità, o la “tua” verità, inviarla con una lettera affettuosa e sincera a tua cognata e tua nipote?

Ci si può pentire (o “dissociare“, come si legge nell’anticipazione dell’intervista: ma le due parole hanno un significato profondamente diverse) di appartenere ad una organizzazione terroristica, ma lo spettacolo, e il giornalismo-spettacolo, non ci convincono. E non sono “l’esplosione intima” che contiene “la verità”, ma soltanto una sua caricatura. Fastidiosa, fastidiosissima, in questo caso.

Tutte le persone che a San Benedetto hanno conosciuto tuo fratello Roberto, ancora oggi lo ripetono a chi, come me, non vi ha conosciuto perché troppo giovane. Roberto, dicono, era buono. Troppo buono per quei tempi tanto duri. E i buoni, pagano sempre.