Naturalmente il dovere di informare viene prima di tutto. Le parole di Patrizio Peci sono naturalmente sconvolgenti per quello che riguarda la vicenda storica sambenedettese e anche difformi dalla verità che sembrava acclarata. Ovviamente torneremo ancora sul tema, toccato da Patrizio Peci, in una intervista di Giangavino Mulas, dopo un silenzio trentennale.

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il settimanale Oggi nel numero in edicola da domani (anche su www.oggi.it) pubblica una clamorosa intervista esclusiva a Patrizio Peci. Patrizio ha quasi 60 anni, vive e lavora come operaio fra Lombardia e Veneto, è sposato, ha un figlio, e una diversa identità. Col nome di battaglia “Mauro”, fu responsabile di 40 azioni armate e 7 omicidi prima di diventare il più famoso pentito delle Br.

Dichiarazioni abbastanza sconcertanti, quelle di Patrizio che portano nuovamente i riflettori su una storia che già aveva spaccato l’opinione pubblica sambenedettese in occasione dell’intitolazione a Roberto Peci della via in cui fu sequestrato 30 anni fa.

Ricordiamo che Roberta Peci, la figlia di Roberto, nata pochi mesi dopo la sua morte, aveva cercato di far luce su quelle polemiche cercando di incontrare l’assassino del padre ed il suo percorso è stato raccontato in un film documentario di Luigi Maria Perotti, dal titolo “La via di mio padre”, presentato all’ultimo festival di Roma.

Riportiamo le dichiarazioni di Patrizio Peci anticipate dall’Ansa: “Non mi sono pentito della scelta di collaborare, ma da 30 anni vivo con un enorme rimorso. Quella decisione è costata la vita a Roberto, mio fratello, assassinato dalle Brigate Rosse. Una vendetta trasversale, di stampo mafioso. Per questo, dopo anni di silenzio, ho deciso di parlare. Voglio che si conosca tutta la verità, soprattutto che la conosca la figlia di mio fratello. Deve sapere che lui aveva condiviso tutte le mie scelte, dalla lotta armata alla dissociazione. Io avevo messo in conto che poteva costarmi la vita, ma non avrei mai immaginato che avrebbero ucciso Roberto”.

Del fratello, catturato e fucilato dopo un processo durato 55 giorni dal Fronte delle carceri delle Br guidato dal criminologo ed ex consulente del Ministero di Grazia e Giustizia Giovanni Senzani, dice: “Una vigliaccata che non perdonerò mai, una vigliaccata che volevo vendicare fuggendo dal carcere, se un giorno non avessi incontrato in cella padre Adolfo Bachelet, un gesuita fratello del docente ucciso a Roma dalle Br. Mi ha parlato a lungo. Un uomo straordinario. Mi ha fatto capire l’inutilità di versare altro sangue”.

Dice a Oggi Peci: “Se avessi immaginato che sarebbe finita così non mi sarei dissociato. Avrei fatto i miei anni di carcere e Roberto non lo avrei sulla coscienza. Ma mia nipote di suo padre non sa niente. Non è vero quello che pensa o che le hanno fatto credere. Non è vero che c’è stato un fratello infame e uno buono, come Caino e Abele. È un falso storico, avallato purtroppo dal libro di Walter Veltroni L’inizio del buio, che ha scambiato la realtà con la sua immaginazione”.

E ancora: “Roberto era buonissimo ma è sempre stato d’accordo con tutte le mie scelte. Prima la contestazione, poi la lotta armata e infine la dissociazione. Eravamo due comunisti rivoluzionari. All’assalto alla Confapi di Ancona, prima che io entrassi nelle Br, ha partecipato anche lui. Quando ero in clandestinità abbiamo preso una decisione: uno solo di noi due avrebbe fatto la lotta armata. E lui fu d’accordo che fossi io. Quando mi sono dissociato, in carcere a Pescara sono venuti a trovarmi Roberto con i miei genitori. Ho spiegato la mia decisione, ho detto che avrei potuto pagare con la vita. Roberto condivise la mia scelta. Mia nipote queste cose non le sa. Sono pronto a spiegarle tutto se vuole. Solo io le posso raccontare chi era suo padre”.

E tramite Oggi alla nipote Roberta lancia un appello: “Come fa mia nipote a chiedere di parlare con l’aguzzino di suo padre? A dire che è pronta a perdonarlo? Senzani non ha chiesto di essere perdonato. Non vuole parlare con lei. Dico a Roberta: incontriamoci e saprai. E capirai”.

Dichiarazioni abbastanza sconcertanti, quelle di Patrizio che riaprono il dibattito su una storia che già aveva spaccato l’opinione pubblica sambenedettese in occasione dell’intitolazione a Roberto Peci della via in cui fu sequestrato 30 anni prima. Ricordiamo che Roberta Peci aveva cercato di far luce su quelle polemiche cercando di incontrare l’assassino del padre ed il suo percorso è stato raccontato in un film documentario di Luigi Maria Perotti, dal titolo “La via di mio padre”, presentato all’ultimo festival di Roma.