SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Uno dei maggiori attori italiani ha dichiarato che troppo spesso si va a teatro in Italia per vedere «depressi a foglio paga»: per i protagonisti di “Cesare deve morire”, invece, la possibilità di calcare le scene è un momento di vitalità. La depressione li assale  quando ritornano nelle celle di Rebibbia dove scontano pene per alcuni senza fine.

I fratelli Taviani si sono lanciati in un’impresa non facile: raccontare, tra realtà e finzione, la messinscena del “Giulio Cesare” di Shakespeare  con i detenuti del carcere romano. Girato in digitale e con un piccolo budget, “Cesare deve morire” è stato presentato al Festival del Cinema di Berlino 2012, dove ha incassato fragorosi applausi e il prestigioso Orso d’Oro come miglior film. Non si tratta di un lavoro sul problema relativo al sovraffollamento delle carceri italiane, nè sulle “difficili” condizioni di vita dei prigionieri, bensì una sorta di saggio cinematografico sul potere taumaturgico del teatro e dell’arte in generale.

Quello che i Taviani mostrano non sono detenuti ma attori. I corpi di questi interpreti, tra i quali spicca quello di Salvatore Striano (già attore in “Napoli Napoli Napoli” di Abel Ferrara e “Gomorra” di Matteo Garrone), ci raccontano la lotta per la sorpavvivenza.

“Cesare deve morire” verrà proiettato al teatro Concordia martedì 17 aprile 2012 alle ore 17 e alle ore 21.30 in occasione del cineforum organizzato dall’associacione Buster Keaton