Non parleremo dei soldi rubati.

Fan parte della natura umana e ormai solo gli sciocchi e i giovanissimi si scandalizzano di questi qui. La notizia non è nel rubare, ma nel rubare tanto e soprattutto così male. E spero ancora che l’amministratore leghista sia mediamente meno arruffone della media.

Il disincanto è generalizzato e profondo, Bossi o non Bossi, Lusi o non Lusi.

Non parleremo della Lega Nord come partito, come militanti, come sentimento. Non fa paura neppure la piccola patria (nessuno può essere obbligato ad avere un sentimento d’unità nazionale), piuttosto l’idea che la piccola patria debba essere leghista. Monoliticamente leghista, o diversamente invece, non possa esistere null’altro di ammirevole.

Non ci si scandalizza perché Renzo Bossi detto il Trota e Riccardo Bossi senza soprannome spendono e spandono tra vizi e automobilacce i soldi truffaldinamente trasferiti dai conti dello Stato alle casse di un partito privato che non deve rendicontare.

Poveri i leghisti di buona fede, poveri tutti noi.

Non dovevano mai permettere che tra loro ci fosse un capo.

E che il capo non fosse mai discutibile (e neanche ora lo è pubblicamente), e per trent’anni fosse sempre capo. Un Fidel varesotto, con la canotta però.

E che il capo conducesse il figlio poco sapiente e borioso agli incontri del Consiglio dei Ministri, come un re col suo principino.

E che il figlio fosse candidato appena ventenne alla Regione Lombardia con stipendi e vitalizi vergognosi, per grazia patrigna.

Ed ora si flagellano per un peccato veniale di fronte a tante bestemmie all’intelligenza umana?

E Bossi il Trota è stato persino tra noi. Tra voi.