SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’ingegner Renzo Capra, che sta seguendo attraverso RivieraOggi.it le vicende relative all’impianto di stoccaggio Gas Plus di San Benedetto. Renzo Capra, ingegnere, è anche una delle personalità con maggiori conoscenze nel settore energetico. Per anni è stato top manager di A2A e Asm Brescia, nota a livello nazionale per il suo teleriscaldamento, osannato ma anche contestatissimo. Di seguito è possibile leggere Asm di Brescia su Renzo Capra, di carattere non agiografico. Capra oggi ha 82 anni e si è formato nell’Eni di Mattei ed è stato anche presidente dell’Istituto di fonti di energia dell’Università Bocconi.
In particolar modo, nel suo intervento, Capra risponde all’approfondimento di carattere geologico del geologo sambenedettese Serafino Angelini, che abbiamo di recente pubblicato.
Nell’ambito dell’attività scientifica ormai sessantennale di cui personalmente mi interesso, di recenti annovero il progetto di stoccaggio di gas naturale di San Benedetto del Tronto.
La realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, in particolare quelle che consentono autonomia di approvvigionamento a un territorio, e la Regione Marche oggi non dispone di alcuno stoccaggio di gas naturale per il proprio fabbisogno, rappresenta un processo delicato in cui tutti i passaggi vanno vissuti con il territorio, condividendoli e spiegandoli, ma su basi scientifiche e dati provati coerenti con il reale impatto di tali infrastrutture appartenenti alle Marche. Vengo ora a un tema puntuale rappresentato da un mio contributo al dibattito sul tema dei potenziali rischi connessi a fenomeni sismici rispetto alla realizzazione di questo stoccaggio, introdotto dal dottor Serafino Angelini.
Giova rilevare che, in base al principio della massima precauzione ed in conformità con le richieste degli enti preposti, le verifiche e gli studi previsti per autorizzare la riutilizzazione a stoccaggio di un giacimento prevedono una serie particolarmente ampia di studi e verifiche anche da parte di soggetti terzi. In particolare, con gli Studi Geomeccanici vengono verificati, a livello ingegneristico, tenuta del giacimento, conoscenza e comportamento delle rocce serbatoio e cap-rock (rocce di copertura).
Viene eseguita l’interpretazione del sottosuolo attraverso l’utilizzo di sezioni sismiche, che definiscono l’assetto geologico–strutturale. Mi sembra inoltre che la situazione geologica della zona non faccia rilevare la presenza di faglie superficiali e la copertura del giacimento abbia spessore dell’ordine di mezzo chilometro.
Ricadendo l’area in Zona sismica 3, è il caso di intraprendere altre verifiche?
Da tale analisi e della bibliografia, mi sembra che gli eventi sismici locali, presentino ipocentri con profondità dell’ordine di 15 chilometri. Parliamo quindi di fenomeni sismici estremamente potenziali, ubicati ad una profondità di 15 chilometri, rispetto ad un giacimento ubicato a circa 2 chilometri di profondità (e quindi ad oltre 6 volte la profondità del giacimento) “protetto” verso la superficie da uno strato di copertura di circa mezzo chilometro.
Il giacimento peraltro ha tipicamente una sua protezione intrinseca dovuta alle sue proprietà elastiche in grado di assorbire gli eventuali effetti di un sisma. Un terremoto di per sé non crea quindi danno allo stoccaggio. Noto peraltro nelle considerazioni del dottor Angelini alcune assunzioni che vorrei commentare ed eventualmente dibattere, in particolare parlare di “malfunzionamento della roccia di copertura (cap rock) per svariate cause e riattivazione di una faglia nella roccia di copertura”, rappresenta un’asserzione generica e non applicabile al caso specifico.
Il rapporto Evans del 2007, esaminato dall’equipe di Gas Plus che segue il progetto, si riferisce a fatti avvenuti essenzialmente negli Stati Uniti od in passato, ma sia la legislazione italiana che gli organismi preposti al controllo sono decisamente severi. Nelle già citate sezioni sismiche di San Benedetto si esamina ciò che è in profondità, non ci si limita a dati di superficie interpretabili non in modo univoco.
Controllare se c’è un problema o studiare come prevenirlo, non significa automaticamente che il problema esiste o che sia rilevante.
Non mi pare quindi che si possa allo stato vedere un rischio terremoto rispetto al progetto di stoccaggio di San Benedetto, ma sono a disposizione per collaborare ad un ulteriore vaglio della materia.
Per ulteriore scrupolo sarebbe comunque bello che il soggetto proponente producesse ulteriore materiale anche pubblico da parte di qualificati soggetti indipendenti.
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Qualcuno ricorda una vecchia puntata di Mixer – di fine anni ’80, inizi anni ’90 – in cui vennero intervistati dei pescatori sambenedettesi?
Si parlava di UFO, e i vecchi marinai ricordavano di aver visto, più di una volta, <>.
Di certo non si trattava di UFO, ma molto probabilmente erano bolle di metano che salivano in superficie e si incendiavano a contatto con l’atmosfera.
Sotto il sedere siamo pieni di metano, la nostra costa è puntellata di piattaforme che estraggono metano…e dicono che non ci sono perdite…uno strato di copertura di mezzo chilometro…mah…’na luce roscia!
Ops, l’uso delle parentesi mi ha cancellato quello che dicevano i pescatori: ‘na luce roscia ‘mezza lu mare!
In generale vedo in questa risposta molte affermazioni generiche. Questi studi geomeccanici di cui si parla nell’articolo sono pubblici? reperibili? E’ stata effettuata un’analisi dell’effetto di cicli di carico e scarico (dovuti alla ciclica immissione e estrazione di gas nel sottosuolo) su cap-rock e reservoir? Se si, dove è reperibile? Su quali dati di partenza sono state effettuate le analisi? Le sezioni sismiche? sono di qualità sufficiente per evidenziare eventuali situazioni problematiche? In quest’articolo sono espresse solo certezze, senza presentare nessuno studio a supporto. Ma, come ben saprà un dirigente con un background scientifico alle spalle, in ambito scientifico le… Leggi il resto »