RILEGGI LA PRIMA PARTE

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “I movimenti studenteschi di fine anni Sessanta? Li ho solo sfiorati poiché proprio nel 1968 ero fuori dall’università e cominciai ad insegnare”. Sante Pulcini ripercorre quegli anni con il sorriso sulle labbra e mi racconta. “Ho frequentato Fisica alla Sapienza di Roma ai tempi di Edoardo Amaldi, Enrico Persico, Giulio Kral, celebri professori che avevano poca dimestichezza con gli esami di gruppo, quindi non ho usufruito di quei cosiddetti vantaggi che caratterizzarono la vita universitaria dei giovani laureandi nei primi anni Settanta. Fu un periodo duro per me”.

La serenità nel racconto viene offuscata da frequenti pause e da un mutamento nell’espressione del mio interlocutore proprio nel momento in cui accenna a una interruzione “forzata” dagli studi. “Non c’era denaro a sufficienza e dovetti lavorare per qualche anno. Non avevo più mio padre che morì quando avevo quattro anni e otto giorni. In casa vivevo con mia madre, mia nonna, il fratello di mio padre con sua moglie. Fu proprio con questo zio che mi misi in affari. Allevavamo galline qui a Ragnola, quattordicimila galline, per vendere uova a trenta, trentacinque lire l’una”.

Quindi i problemi economici non facevano più paura.
“All’inizio la società andava molto bene e riuscii a ripianare un bel po’ di debiti che avevo contratto. Purtroppo però, a seguito di un accordo che lo Stato italiano fece con Israele per l’importazione delle uova, il mercato crollò: figùrati che era possibile acquistare uova in Italia per sette lire. La nostra società ne pagò le conseguenze e da quel momento riuscimmo a sopravvivere solo grazie agli enormi sacrifici di mia madre. Avevamo un po’ di terra coltivata ad ortaggi: mia madre li vendeva al mercato. Insomma, grazie al suo sostegno e all’incoraggiamento di Valeria, che poi sarebbe diventata mia moglie, ho ripreso gli studi e mi sono laureato”.

Sante Pulcini riuscì caparbiamente nel suo intento e, con il titolo di studio in mano, trovò immediatamente lavoro come insegnante all’Ipsia di Giulianova dove rimase fino al ‘74. In quello stesso anno si trasferì all’Ipsia di San Benedetto. “All’inizio ero dubbioso se trasferirmi o meno poiché ero molto affezionato ai mie alunni. Tra l’altro a Giulianova percepivo uno stipendio di 170mila lire al mese comprensivo di una indennità di laboratorio che a San Benedetto invece avrei perso. Alla fine prevalse il buon senso e venni ad insegnare in casa sotto la presidenza di Antonio Guastaferro”.

Uomo del quale poi fosti successore.
“Sì in effetti divenni preside nel 1983 e prestai servizio per una decina d’anni all’Ipsia di Ascoli Piceno. Nel ‘92 poi Guastaferro mi passò il testimone a San Benedetto. Dirò questo di lui: è un uomo che ha fatto tanto per la nostra comunità”.

Sante Pulcini è stato impegnato anche in politica, gli chiedo quindi da dove venga quella passione.
“Devi sapere che quando avevo dieci anni, nel ‘48, ci chiedevano di appendere i manifesti politici della Democrazia cristiana, perché allora a farlo si rischiavano le botte, quindi mandare i ragazzini era più sicuro. Poi ho studiato in seminario e lì frasi come Prega per il cardinal tal dei tali perseguitato dai compagni oppure Chi vota comunista viene scomunicato che neanche il papa ti può salvare oppure Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no, erano all’ordine del giorno. Tutti questi eventi mi hanno influenzato, è vero, ma la mia è stata comunque una scelta consapevole. Io sono da sempre Dc, dalla testa ai piedi, e lo sarò per sempre”.

Quanto alla corsa per la poltrona di primo cittadino nel ‘93: “Speravo di diventare sindaco pur essendo cosciente delle difficoltà alle quali sarei andato incontro. Ma il momento storico non era favorevole: l’onda emotiva dei fatti che in quegli anni riempivano le cronache parlamentari e giudiziarie non aiutò. Oggi non rimpiango di non aver fatto il sindaco”.

D’accordo, ma quale sarebbe stata la tua ambizione per la città?
“Avrei fatto di tutto per coprire, non completamente però, il torrente Albula. Lo avrei concepito su due piani: uno per le automobili e uno per le biciclette, una sorta di centro di scambio per la viabilità cittadina”.

Certo che le idee non sono mai mancate a Sante Pulcini che, nel 1987, fondò la polisportiva Ragnola con alcuni amici. “Lo facemmo per cercare di amalgamare il quartiere Mattei popolato da famiglie numerose e poco abbienti. Avevamo la pallavolo femminile e il calcio. Pensa che quando iniziammo non sapevamo neanche le regole della pallavolo, ma la domenica andavamo a fare i tornei nei paesi dell’entroterra. Poi le Ragnoliadi, una manifestazione molto coinvolgente che serviva per far stare insieme i ragazzi ma soprattutto i genitori. Un’attività longeva che ho fortemente voluto e che quest’anno ha compiuto i suoi primi venticinque anni”.