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MONTEPRANDONE – Creare lavoro, fare impresa. Sembrerebbe che tu ci sia riuscito. “Sì, seppure tra mille difficoltà. Vedi, stamattina (sabato 15 ottobre, ndr) mi sarebbe piaciuto andare a Roma a manifestare pacificamente poiché c’è molto da indignarsi. Il sistema ha indebolito così tanto la società che sembra non abbia la forza di reagire. La crisi si avverte, c’è una ampia fascia della società che non ce la fa più e le prospettive non lasciano ben sperare.

Prendiamo ad esempio la situazione del mio gruppo: viviamo un momento di grandissima difficoltà in termini di liquidità. I clienti non ci pagano, hanno contratto finanziamenti e mutui che le banche non stanno erogando. Sono convinto che chiudere un’azienda significhi non solo perdere inevitabilmente posti di lavoro, ma gettare via la conoscenza, il patrimonio di esperienza delle maestranze. Prima di far chiudere un’azienda si dovrebbero fare tutti i tentativi per consentirle di sopravvivere. Purtroppo oggi non è così e davvero quindi bisogna indignarsi”.

Noto a questo punto della conversazione un cambio di marcia nel racconto di Renato Ciarrocchi. Abbandona repentinamente la posizione rilassata nella poltrona e con lo schienale dritto, gli occhiali da lettura calati sulla punta del naso e lo sguardo fermo di chi parla sul serio afferma: “Ciò che succede in questo Paese ha dell’assurdo. Per un imprenditore come me, al primo posto dei problemi, non c’è sicuramente il fisco come invece molti vorrebbero far credere. In questo momento se bisogna fare dei sacrifici occorre farli e chi guadagna di più è giusto che paghi di più in proporzione“.

“A mio modo di vedere invece il vero problema è l’apparato amministrativo dello Stato. Come può competere l’Italia se un mio collega tedesco per avere un’autorizzazione impiega trenta giorni quando invece noi arriviamo ad aspettare fino ad un anno. Viviamo in un contesto in cui la Pubblica amministrazione non solo non ci agevola, ma addirittura ci ostacola. Ad esempio nel caso dei permessi a costruire o di una licenza commerciale o di un’autorizzazione unica per un impianto biogas. Francamente provo imbarazzo a spiegare ai miei colleghi stranieri la burocrazia italiana”.

Nonostante le mille difficoltà dal 2009 al 2011 la tua azienda è passata da quarantasei milioni di euro a duecento.
“È successo non perché siamo bravi – accenna con atteggiamento dimesso – ma perché abbiamo imboccato un canale giusto. Se avessimo fatto palazzine oggi saremmo in crisi. Il nostro settore sta progredendo e noi cavalchiamo l’onda. Al momento stiamo dando lavoro ad un migliaio di persone e ti posso garantire che potremmo assumere ancora, ma viviamo nell’incertezza poiché fra dodici mesi non sappiamo ciò che succederà. Potremmo anche non avere più opportunità di lavoro a seconda del ridimensionamento che subirà la legge sulle nuove energie. Presumibilmente dovremo lavorare fuori dall’Italia. Ad ogni modo ci stiamo preparando al dopo fotovoltaico. Puntiamo sulle biomasse, una tecnologia che ha futuro: saremo pronti fra un anno ad installare nuovi impianti”.

Voci raccontano di un tuo interessamento alla Sambenedettese.
“Lo smentisco. L’azienda sarà sponsor della squadra primavera. Vogliamo dare un contributo a chi porta avanti una attività con degli scopi sociali così rilevanti per i giovani. E poi, si può essere tifosi o no, ma non si può certo ignorare quale straordinario veicolo pubblicitario sia il calcio. Per quanto riguarda la gestione della prima squadra si tratta di impiegare centinaia di migliaia di euro, è un fardello troppo grande. Io credo che le società di calcio si possano reggere solo se c’è una partecipazione ampia, anche del Comune perché no. In questo senso so di pensarla diversamente dal sindaco Gaspari”.

“Ma ho comunque riflettuto su un progetto che possa fornire un aiuto economico all’Amministrazione comunale. Il Comune potrebbe realizzare su tutti i tetti degli edifici pubblici e in tutte le aree pubbliche degli impianti fotovoltaici e utilizzare il ricavato per finanziare le attività della Sambenedettese in primis ma anche quelle di altre associazioni. Sarebbe comunque un consistente introito per le casse comunali”.