Governo Monti. Non ho grandi conoscenze di temi economici ma qualcosa mi sento di dire. Tra le tante cose che ho ascoltato ieri dai commentatori più esperti, mi ha colpito un “particolare”: il fabbisogno annuale dello stato è di 700 miliardi che ricava in varie maniere. Le finanziare si fanno quando il ricavo non è sufficiente. Giusto.

Monti e i suoi, però, non erano deputati a prendere una calcolatrice e fare semplicemente i conti per come riparare al disavanzo, guardando alla quantità degli italiani ma alla qualità e quantità degli sprechi. Altrimenti tecnici così qualificati non servivano, bastavano quei politici che ora possono andare “fieri” di aver passato a “non politici” (quindi non bisognosi prossimamente del voto) una patata bollente che a loro sarebbe costata una protesta totale da parte di quegli “indignatos” che numericamente rappresentano l’80% degli italiani. In ogni caso, visto l’accaduto, deputati e senatori attuali non andrebbero rieletti in massa. E’ certo infatti che non se ne andranno da soli per la vergogna subita.

Insomma nulla di nuovo o quasi da un governo che mi sembrava intenzionato a ben altre imprese. La giustificazione di non voler fare demagogia è stata un palliativo: seguire le indicazione del popolo non è peccato mortale. La demagogia, se messa in pratica, non è una brutta parola, anzi. Ma prima di dire (lo farò nel prossimo DisAppunto) perché sono tuttora fiducioso sul governo Monti, vorrei precisare che le lacrime del ministro Fornero mi sono piaciute perché hanno dimostrato che la decisione presa è una presa in giro ed un’ingiustizia mondiale per chi riceve oltre 930 euro di pensione e che l’avrà bloccata, anche se l’inflazione ridurrà il suo potere di acquisto.

Una cosa gravissima che è dimostrata da due particolari assolutamente significativi:

il primo è che l’aumento dei disoccupati, o della scarsa retribuzione che i giovani possono ottenere in questi tempi, sta penalizzando oltre misura molti genitori pensionati che devono continuare a “campare” i propri figli e una moglie non ancora sessantenne (da oggi 62enne! I guai non arrivano mai soli). Sarebbe assurdo se fosse un incitamento a fare meno figli anche se il rimedio oggi sembra proprio questo: “Se in futuro volete che la vostra pensione sia sufficiente non fate figli o al massimo uno soltanto…

il secondo “particolare” è ancora più eclatante e provo a spiegarlo con una domanda: perchè proliferano le finanziare (stanno spendendo soldoni per la pubblicità) che garantiscono prestiti a pensionati Inpdap e  Inps con al formula della cessione del quinto? Semplice, perché c’è in tal senso un mercato golosissimo costituito da chi riceve una pensione dai 1000 ai 1500 euro e deve soddisfare le esigenze minime e naturali della propria famiglia, figli trentenni e quarantenni compresi.

Genitori coscienti che sono obbligati a fare questo ragionamento: “Devo pensare alle esigenze immediate altrimenti non arrivo a fine mese e non voglio mettere in difficoltà i miei famigliari, mi riduco quindi la pensione di 400-500 euro per dieci anni e prendo subito 30-40 mila euro per andare avanti“, la conseguenza è che il prestito, di questo passo, si azzererà in uno-due anni mentre la pensione decurtata la riceverà per altri otto anni ancora. L’adeguamento della propria pensione al costo della vita era fino a ieri sera l’unica certezza per il futuro. Tolta quella (deindicizzazione la parola tecnica), credo che non resta che crepare, altro che allungamento della vita media.

Provvedimeno che si sarebbe potuto accettare soltanto dopo che la manovra aveva portato a regime gli aiuti alle piccole e medie aziende e ridato lavoro ai nostri giovani. Proprio questo, secondo me, è stato il motivo che ha provocato il pianto dirotto del ministro Fornero che va apprezzata perché ha lasciato intendere chiaramente la gravità del provvedimento che, questo lo dico io, potrebbe portare però a tensioni sociali ancora maggiori di quelle già esistenti. In piazza con i giovani da domani andrano anche i vecchi. Perché così verrà salvata la solita Italia degli interessi, non gli italiani comuni.