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Riprese e montaggio Maria Josè Fernandez Moreno. Le visualizzazioni su YouTube non tengono conto dei video visti direttamente su RivieraOggi.it

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – In seguito allo sviluppo turistico di San Benedetto negli anni ’60, è sorto il problema relativo all’erosione delle spiagge successivamente “risolto” attraverso la costruzione di barriere frangiflutti. Di cosa si tratta? Scogliere artificiali o nuovi ecosistemi naturali?

La risposta al quesito è presente nelle trame di un progetto promosso dal centro subacqueo sambenedettese “Mamasa Club”. Da un’accurata ricerca, nata quasi per gioco 5 anni fa, sembra che le scogliere costituiscano un bene volto non solo a proteggere le coste dalle mareggiate, ma anche a migliorare la qualità delle acque ricreando un vero e proprio habitat marino.

Tra le scogliere, infatti, avviene la fase riproduttiva di gran parte degli organismi: in virtù della loro particolare conformazione, le barriere frangiflutti costituiscono un sito ideale per gli accoppiamenti e la deposizione delle uova. Rappresentano inoltre un riparo sicuro per tutte quelle specie di pesci assenti ormai da diversi anni nel nostro mare.

“Tutto è partito da un monitoraggio ciclico – spiega il responsabile tecnico Roberto Casali –Abbiamo osservato le tre scogliere più vecchie e gli organismi in esse presenti.  Dagli studi fatti è emerso che la posa di queste barriere ha portato alla creazione di veri e propri ecosistemi naturali e alla modificazione del comportamento di alcuni organismi marini che vi hanno trovato un riparo vitale. Grazie anche alla grossa concentrazione di nutrienti – prosegue Casali – sono ricomparsi organismi marini come il nudibranco, il cavalluccio marino, il pomodoro di mare, il pesce ago e la bavosa. Proprio per questo motivo – conclude –  è nostra intenzione mettere sotto tutela un paio di scogliere e fronteggiare il problema della pesca illecita che, utilizzando un metodo prettamente invasivo, sconvolge tra i 20 e 30 centimenti di fondale”.

“Quando mi sono accorta che esistevano questi tipi di monitoraggio – afferma Maria Spazzafumo – ho pensato che il tutto potesse essere trasferito didatticamente. Per questo motivo il 12 e 13 novembre sono state tenute, presso la scuola media Sacconi, 2 ore di lezione volte alla conoscenza di questa realtà marina”.

“La ricerca è stata una piacevole scoperta, che smentisce ciò che anche la stampa ha sostenuto la scorsa estate – conclude l’assessore all’ambiente Paolo Canducci – abbiamo giudicato il progetto di notevole interesse e lo utilizzeremo sia come materiale didattico nelle scuole sia come bagaglio scientifico nel costituendo parco marino del Piceno. E’ nostra intenzione, inoltre, inserirlo anche nel nostro sito comunale a titolo informativo”.