TERAMO – Dalla Lombardia alla Bonifica del Tronto, costretta a prostituirsi tra botte, ridi voodoo e minacce di ritorsione sulla famiglia in Africa. Una gravidanza interrotta con l’assunzione forzata di medicinali e alcool e una malattia grave che alla fine impietosamente ha preso il sopravvento portandosi via quella ragazza ridotta in schiavitù. E’ la terribile storia di Lilian Solomon, nigeriana di 23 anni che aveva lasciato il suo paese con la prospettiva di un futuro migliore e che ha invece trovato in Italia il suo inferno. Una ragazza come tante che però, dopo continue vessazioni fisiche e psicologiche, ad un certo punto si è ribellata, chiedendo aiuto all’associazione On the Road. E proprio grazie alle segnalazioni dell’associazione, che aveva chiesto per la giovane un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che sono partite le indagini che hanno portato all’arresto di sei persone.

Lilian era partita da Benin city per sfuggire ad un’esistenza fatta di povertà e di stenti, verso l’Europa in cerca di un futuro migliore. Arriva in Italia affidandosi a persone che la reclutano e che, prima di farla partire, la sottopongono ad un rito voodoo, una cerimonia magico religiosa, con valenze anche giuridiche, con cui la vittima si impegna a versare all’organizzazione una somma di denaro (almeno 60/65 mila euro) e si impegna a non “tradire” l’organizzazione, a pena di gravi ripercussioni su di se’ e sulla sua famiglia. Lilian – sempre secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros – giunge in Italia, ma qui scopre che l’attende una vita di violenze, sofferenze, abusi, di privazione della dignità e della libertà. E’ costretta a prostituirsi prima nell’hinterland milanese e successivamente, dopo l’estate 2009, lungo la Bonifica del Tronto. Resta incinta, vorrebbe anche trattenere il bambino, ma è costretta ad abortire mediante ingestione di medicinali ed alcool. Continua a prostituirsi malgrado l’insorgenza di gravi dolori, insopportabili, continui. Le viene impedito di curarsi. Sono i sintomi di un linfoma, un tumore da cui per lo più si guarisce, sempre che si venga curati. Dopo mesi in cui, malgrado il tumore in corso, Lilian è costretta a prostituirsi ed a vivere in condizioni disumane, incontra degli operatori dell’associazione On The Road, che la convincono a fuggire ed a farsi curare. Da allora la conoscono i sanitari del reparto di oncologia dell’ospedale di Pescara.

Ricomincia a vivere, rinascono i suoi sogni, ma è tardi. La sua grande capacità espressiva si manifesta nella trasmissione televisiva Doc3, in onda su Rai 3 a luglio 2011, in cui Lilian racconta la sua storia e le sue speranze. Se non le fosse stato impedito di curarsi quasi certamente sarebbe guarita e avrebbe vissuto. Lilian è morta in un letto di ospedale del reparto di oncologia di Pescara il 1 ottobre 2011. La sua storia, particolarmente drammatica, è simile a quella di tante altre vittime, di questa e di altre organizzazioni criminali. Molte vittime, meno sfortunate di Lilian, alla fine ritrovano la vita, sottraendosi alle organizzazioni, anche grazie alle forme di assistenza e protezione che la legge gli consente.

Le attività investigative, inizialmente condotte dalla Polizia di Stato di Teramo e successivamente delegate al Raggruppamento, (in quando naturale prosecuzione della precedente indagine “Sahel”), sono state condotte nella seconda fase (denominata “Sahel 2”) dai Carabinieri del Ros, unitamente ai Comandi dell’Arma territorialmente competenti, nelle province di Teramo e Milano. L’operazione ha evidenziato un traffico internazionale di matrice nigeriana attivo in Lombardia e in Abruzzo, volto al reclutamento e allo sfruttamento di nigeriane fatte giungere dall’Africa attraverso un processo di reclutamento e assoggettamento psicologico.

Le indagini hanno documentato anche interruzioni di gravidanza imposte alle vittime e la regolarizzazione di alcuni affiliati tramite matrimoni fittizi. I Carabinieri stanno eseguendo in queste ore in Abruzzo e in altre regioni ordinanze di custodia cautelare in carcere (emesse dal gip del Tribunale di L’Aquila su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia) nei confronti di 6 indagati per associazione a delinquere, finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

Le ragazze, come già evidenziato in altre analoghe situazioni, venivano sottoposte al cosidetto giuramento, un rito woodoo con il quale si impegnano a restituire all’organizzazione la somma di denaro utilizzata per il viaggio in Italia con i profitti dell’attività “lavorativa” gestita dall’organizzazione. Il giuramento costituisce il mezzo principale usato dalla “madame” per sottomettere psicologicamente le ragazze e porle in condizioni di assoluto assoggettamento. E’ stato inoltre confermato come le vittime, una volta avviate alla prostituzione, corrispondevano alla madame, oltre alla quota destinata a saldare il debito contratto, le spese di alloggio e di vitto, nonché per l’utilizzo del tratto di marciapiede dove esercitare l’attività di meretricio, corrispettivo in gergo detto “joint”. Le indagini hanno rivelato come nel traffico delle giovani donne fosse coinvolto anche un italiano, in possesso di regolare licenza per il trasporto pubblico di piazza.