ROMA –  Roma-San Benedetto, viaggio di ritorno. Capitale messa a ferro e a fuoco dai black bloc. Cariche della polizia. A piazza San Giovanni è saltato il comizio finale. Ad Anagnina (non esentata da vili teppismi) centinaia di pullman riprendono la strada di casa. La stanchezza è tanta. Ore ed ore di camminata che a volte è diventata fuga.

Perché gli “incappucciati” hanno sì commesso le violenze ma coloro che stavano tranquillamente a faccia scoperta a manifestare per le vie di Roma, alla fine sono dovuti fuggire per evitare di rimanere coinvolti. Nel pulmino organizzato da Sel, e voluto dal segretario provinciale Giorgio Mancini nonostante la stanchezza, alcuni dei presenti hanno voluto condividere alcuni particolari della loro esperienza.

Comincia subito Nazzarena Agostini, sindaco di Appignano, che ha percorso tutto il tragitto del corteo incontrando un personaggio di grande rilievo nella politica italiana, senza però riuscire ad entrare a San Giovanni: “Mi hanno bloccata all’entrata della Piazza dove si sarebbe dovuto tenere il comizio finale, dicendomi che il tutto si sarebbe spostato al Circo Massimo. A quel punto abbiamo capito, non era difficile intuirlo, che la manifestazione era finita. Durante il percorso ho incontrato Marco Pannella che è stato verbalmente aggredito e criticato per l’atteggiamento dei Radicali nel giorno della fiducia al Governo Berlusconi. Purtroppo  ho anche provato a fotografare un black bloc che ha minacciato di rompermi la macchina”.

Sara Moreschini della giunta di Appignano ricorda i motivi per cui è stato importante partecipare alla manifestazione: “Mi ha colpito il fiume di gente. Dai nostalgici della falce e martello agli “indignados” erano tutti lì per chiedere gli stessi diritti al lavoro alla casa e alla dignità che hanno avuto i genitori”.

Sempre da Appignano, abbiamo sentito il vice sindaco, Pierluigi Grilli che commenta subito: “Un peccato che questa manifestazione sarà raccontata solo tramite i disordini di una minoranza piuttosto che dalle rivendicazioni portate avanti dalla moltitudine”.

“Il problema è stato la gestione della sicurezza – s’inserisce Giorgio Morganti del gruppo Sel – L’approccio del ministro dell’Interno Roberto Maroni è stato responsabile visto che ha parlato di “infiltrati”. A mio avviso non erano solo black bloc”.

Altri ragazzi del Sel come Matteo Mandozzi o Alessandro De Angelis, ricordano i momenti di piazza San Giovanni (guarda i nostri video) e commentano lo stupore di aver visto quelli che definiscono gli “ infiltrati” colpire con bombe carta oltre gli obiettivi sensibili anche i manifestanti.

Antonella Maroni, abbastanza turbata per avere ricevuto il lancio di un lacrimogeno sulla gamba e per averne respirato le esalazioni (intenso bruciore di occhi e di gola, sensazione di non riuscire più a respirare) vuole ricordare aneddoti più piacevoli: “Eravamo tanti, l’emozione era forte. Forse troppe bandiere, sarebbe dovuta essere una manifestazione più libera (lei non appartiene a nessun gruppo politico, ndr), questa non è una critica ma nel caso un parere. Mi ha colpito vedere dei ragazzi giovani che se ti urtavano a causa della calca ti chiedevano scusa, c’erano persone che suonavano, che manifestavano pacificamente.  Questo era il clima iniziale. Meritevoli di un ulteriore applauso, oltre i diversi ricevuti durante il giorno, un gruppo di attori che nonostante Roma messa a ferro e fuoco, non hanno rinunciato a recitare il loro spettacolo tra la folla. In testa mi rimbombano ancora i colpi, i rumori dei danni dei black bloc per le vie, ma voglio ricordare solo immagini come quelle che vi ho raccontato”.

In un autogril nei pressi de L’Aquila abbiamo incontrato Lorenzo Rossi di Rifondazione Comunista che ha commentato con una nota polemica la manifestazione: “I black bloc erano principalmente ragazzini e subito identificabili, tutti italiani e di Roma. Non capisco come le forze dell’ordine non riescano a controllarli”.