SAN BENEDETTO DEL TRONTO – All’eco del disastro di Fukushima, che risuona ancora nelle orecchie di tutti, si aggiunge anche la pericolosa situazione che in queste ore osserviamo a Fort Calhoun nello Stato americano del Nebraska dove l’impianto nucleare è da quindici giorni sommerso dall’acqua a seguito dell’esondazione del fiume Missouri lo scorso 6 giugno.

Episodi ovviamente slegati l’uno dall’altro ma che condividono un’unica preoccupazione: quella di riuscire a gestire nel migliore dei modi un disastro con la consapevolezza che gli sbagli potrebbero costare vite umane.

In Germania la Cancelliera Angela Merkel ha fatto marcia indietro; anche in Italia l’esito del recente referendum abrogativo sul tema ha inequivocabilmente dimostrato la contrarietà del popolo italiano alla costruzione di nuove centrali nucleari. Un voto condizionato dall’emotività? È questa la critica che i favorevoli al nucleare perlopiù esprimono. Ma sembrerebbe che l’emotività non abiti nelle stanze del potere inglese.

In questi giorni infatti nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord il Governo di David Cameron, nell’intento di perseguire il suo programma energetico, ha dichiarato di aver individuato otto siti per altrettanti nuovi impianti nucleari di ultima generazione da realizzare entro il 2025. Ci sarà ovviamente una discussione in Parlamento ma la coalizione di maggioranza, sebbene i pareri delle due anime Conservatóri e Liberal-democratici siano contrastanti, conta di poter vedere il progetto approvato senza troppe difficoltà.

L’obiettivo del Governo è quello di ottenere energia a basso costo riducendo le emissioni di anidride carbonica per un rilancio dell’economia e delle produzioni industriali. Dall’altra parte le associazioni contrarie al nucleare annunciano battaglia minacciando di bloccare i lavori nei cantieri e sostengono che un’altra via è possibile cioè quella dell’energia rinnovabile.

“Dopo cinquant’anni di nucleare il settore necessita ancora di grandi finanziamenti pubblici, quando invece l’energia solare riuscirebbe a funzionare senza l’aiuto dei contribuenti in appena un decennio nonostante le nuvole del cielo inglese”:  è quanto dichiara il portavoce dell’organizzazione inglese Friends of earth, Simon Bullock.