SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ho cercato di saperne di più, per quanto possibile, sui due quesiti referendari relativi all’acqua. Sugli altri due, non ho dubbi: non sono favorevole all’uso dell’energia nucleare né all'(il)legittimo impedimento dei ministri e del Presidente del Consiglio.

Sull’acqua la nostra redazione ha approfondito il discorso cercando di dare più pareri possibili (qui gli articoli di PicenoOggi.it; qui quelli di RivieraOggi.it): abbiamo sentito quello che è accaduto ad Arezzo, dove la gestione è privatizzata dal 1998, e dato uno sguardo a ciò che avviene in Europa e Stati Uniti.

Io alla fine ho deciso di votare Sì, quindi contrario alla privatizzazione della gestione. Non è un sì ideologico e cercherò di spiegarlo.

Volevo infatti capire se davvero l’apporto di capitali privati può aiutare nella gestione del servizio. Non è il 7% di remunerazione del capitale investito che mi fa paura: profitto o tasse, cambia poco per chi paga. La collaborazione dei privati non va demonizzata a prescindere. In un altro caso di bene che possiamo definire essenziale alla nostra vita, l’energia, ad esempio, questo sta avvenendo: contribuzione pubblica, investimento privato in energia solare. Soltanto in quest’ultimo caso, naturalmente non sovrapponibile all’acqua, l’intervento privato, tranne alcune eccezioni industriali, si profila come liberatorio: in futuro ogni famiglia sarà produttrice e consumatrice di energia, e questo contribuirà a rendere la società stessa meno verticistica.

Nel caso dell’acqua, invece, la gestione andrebbe probabilmente a poche grandi società di spessore internazionale, spesso anche estera, così che i profitti invece che restare locali andrebbero Oltralpe.

Ma il dubbio che mi sono portato fin dall’inizio non viene risolto da nessuna di queste considerazioni. L’acqua non è più un bene infinito. La modernità non ha sconfitto, incredibilmente, la siccità. Una seria politica pubblica dovrebbe mirare ad una educazione al risparmio idrico; ad una tariffazione studiata per ridurre i consumi; ad iniziative e progettazioni urbanistiche sempre più stringenti. Nulla di tutto questo, io credo, rientrerebbe nell’interesse di una società privata che invece avrebbe come obiettivo maggiori consumi, e quindi maggiori profitti. Questo conflitto tra capitale naturale e capitale finanziario non credo sia risolvibile, mentre per quanto riguarda le informazioni sulla riduzione degli sprechi sulle condutture le informazioni che arrivano da Arezzo mostrano che non ci sono stati miglioramenti con l’ingresso di capitali privati.

Ecco perché il 12 e 13 giugno io voterò Sì per i due referendum sull’acqua.