SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Anche se su Facebook aveva annunciato che avrebbe parlato solo dopo il 15 maggio, qualche sassolino dalle scarpe il sindaco se l’è comunque voluto togliere. Perché quello tra Giovanni Gaspari e la Fondazione Carisap è un amore ufficialmente finito, o forse addirittura mai nato se si prendono per buone le fresche esternazioni del primo cittadino rivierasco: “La delusione – ha sentenziato – è alta quando è alta l’aspettativa. Le mie attese erano ridotte al lumicino; la piega era chiara, a stupirmi più che altro sono i tempi. Credevo che tale risposta sarebbe arrivata verso metà aprile, non prima. Perché si è deciso di parlare adesso? Eppure nella seduta dello scorso 28 gennaio la Fondazione non si espresse”.

Veleno seguito ad un primo, amaro disappunto manifestato dal sindaco in una lettera inviata a Vincenzo Marini Marini sabato scorso, all’indomani del documento in cui il presidente della Fondazione Carisap comunicava il rifiuto a procedere nella direzione della Grande Opera a San Benedetto: “Sapremo farci una ragione di questo finale di partita – aveva scritto – Come amministratori pubblici abbiamo molto lavorato per trovare una soluzione a questa complessa vicenda, sempre sotto lo sguardo della comunità che rappresentiamo e sotto il cielo della trasparenza”.

Un concetto ribadito pure lunedì, quando il numero uno di Viale de Gasperi ha di fatto assolto l’amministrazione comunale da qualunque ipotetica responsabilità: “Non abbiamo agito in ritardo. Se esiste un termine ultimo, io posso effettuare la proposta anche in extremis. Grottammare è addirittura ai tempi supplementari e non mi pare che sia fuori dai giochi. In ogni caso sono felice per loro, ragiono per città territorio e ciò che si fa a Grottammare è come se si facesse nella mia città. Tuttavia, se non dovesse andare in porto manco lì delle riflessioni andrebbero fatte. Io ho la coscienza a posto”.

Restano ora da comprendere i reali motivi di questo dietrofront. Nella nota ufficiale diffusa agli organi di stampa, la Fondazione afferma che non erano presenti gli elementi che da più di tre anni erano stati indicati come necessari, come la proprietà dell’area in questione. Eppure, in tal senso il Comune pareva aver optato per la concessione novantanovennale del diritto di superficie di Via Togliatti.

“L’area gli era stata messa a disposizione, non gli andava bene il titolo – ha proseguito Gaspari – Da tanto tempo non ci credevo più. La storia finì quando l’architetto Tschumi fece il sopralluogo al Ballarin. Hanno perso un’opportunità e rimarranno chiusi all’interno del loro guscio. Probabilmente avrò commesso qualche errore, ma va visto con quale spirito qualcun altro era partito”.