SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Alessandro Baricco, l’8 febbraio scorso, ha scritto un articolo su Repubblica, sulla narrazione. Lo scrittore sostiene che negli ultimi vent’anni la civiltà ha deciso di farsi governare dalla narrazione: “Presa come forma privilegiata di qualsiasi comunicazione”.

Baricco porta ad esempio la carriera politica di Barak Obama, il presidente degli Stati Uniti, ma anche il nome utilizzato per lanciare un succo di frutta, Storie di frutta: “L’idea che dalla pera al succo di pera succeda qualcosa e quel qualcosa generi un’amplificazione dell’esperienza e grazie a quel qualcosa scocchi in qualche modo una magia. Tutto questo è sintetizzato genialmente in una sola parola: Storia”.

Abbiamo chiesto al poeta e scrittore sambenedettese, Lucilio Santoni di commentarlo con Riviera Oggi.

Che ne pensa dell’articolo di Baricco?

“Il punto su cui mi interessa ragionare è che nell’articolo sembra che solo oggi sia funzionale per il successo l’arte della narrazione. A differenza di quello che scrive Baricco, tutti i grandi personaggi, anche del passato, hanno sempre avuto la consapevolezza dell’importanza del raccontare una storia, tanto è che sceglievano i migliori scrittori per farlo”.

Ci faccia qualche esempio.

“Ottaviano, ancor prima di diventare Augusto imperatore di Roma, commissionò a Virgilio, l’Eneide. Il poema che narra la leggendaria storia di Enea, da principe troiano, a progenitore del popolo romano. L’intelligente condottiero, tramite il racconto delle gesta degli avi, preparò il popolo al futuro. Oppure Hernán Cortés, il conquistador spagnolo che fece raccontare al suo cappellano, Francisco López de Gómara, la cruciale Battaglia di Centla nel suo libro La Conquista del Messico. Potrei continuare con Gabriele D’Annunzio per Mussolini”.

Ma il desiderio di raccontare appartiene solo a singoli personaggi?

“No. Basti pensare ai grandi poemi fondativi delle civiltà, come l’Iliade e l’Odissea. Anche in politica, si pensi al comunismo, si è forgiato e ha fatto appassionare i popoli tramite la narrazione. Karl Marx nei suoi scritti, fece una grandissima analisi economica, ma è la parte più romanzata del suo pensiero, quella che tratta il cammino del proletariato verso l’abolizione delle classi, che ha trascinato la masse. Anche se, l’esempio più grande è quello dei Vangeli, che narrano la passione di Cristo e da duemila anni vincono su tutte le altre storie”.

Lo stesso Gesù Cristo diffuse il suo credo grazie alle parabole.

“Sono il contenitore di tutti i sentimenti umani, non è difficile comprenderne il successo”.

Tornando all’esempio del succo di frutta di Baricco, cosa ne pensa?

“In quel caso, penso che si usi il termine “Storia” per evocare un racconto. Lo stratagemma di più basso livello, che però magari funziona”.

Si spieghi meglio.

“Utilizzerò un esempio di facile comprensione. In una serata romantica, tra due ragazzi, c’è bisogno della musica di “Love Story” per evocare una storia d’amore conosciuta. Perché non si è in grado di vivere la propria storia da raccontare”.

E come mai c’è questa difficoltà?

“Il problema è che non si ha più la possibilità, il tempo e la cultura per narrare. Infatti, tornando a Baricco, che sostiene che oggi le civiltà si facciano governare dalla narrazione, penso che avvenga proprio il contrario e semmai, proprio in questi tempi, è difficile raccontare storie. Chi riesce a farlo, vince. Vedi Obama”

Baricco nomina Obama, lei anche. Ma in Italia? Esiste qualche esempio?

“Fra i politici italiani, emerge a tratti questa capacità in Nichi Vendola. Ma il personaggio che è stato più in grado di narrare la nostra società è Roberto Saviano. Lo ha dimostrato con il suo primo romanzo Gomorra e continua a farlo anche con le inchieste che scrive per l’Espresso e nel programma Vieni via con me”.

Continua a ricevere però molte critiche, soprattutto da Marco Travaglio e Beppe Grillo

“E’ una riprova di quello che ho detto prima. In particolare Grillo ha più volte asserito che “Ogni volta che Saviano parla, fa un favore a Berlusconi”. Il problema è che Travaglio è un ottimo giornalista, Grillo un comico, attivista politico e blogger famosissimo, ma nessuno dei due è in grado di trascinare quanto Saviano. Lo criticano per invidia. Mi ricordo che in una puntata di “Vieni via con me”, l’autore campano, citò un libro, quello di di Varlam Šalamov, i Racconti della Kolyma, sull’inferno dei gulag. Ebbene l’opera, scritta con incredibile maestria, ma dimenticata, ha visto una impennata delle vendite proprio grazie alla citazione di Saviano”.

Una cosa me la deve spiegare bene. Che significa saper raccontare storie?

“Non è solo bravura nell’utilizzo delle parole. Saper scrivere, parlare e comunicare, non basta. Colui che sa raccontare le storie, riesce a farti appassionare. E’ come il Don Giovanni che conquista tutte le donne: qual è il suo segreto? Un mistero”.

In questo periodo di turbolenza politica, se dovesse pensare a un nuovo leader, proporrebbe, visto che lo ha citato, proprio Nichi Vendola?

“No, il candidato giusto, sarebbe, a mio avviso, proprio Roberto Saviano. L’Italia si dovrebbe concedere, in questo momento di bassezza e decadenza morale, di passare alla storia. Un ragazzo poco più che trentenne scrittore e impegnato nell’anti-mafia, susciterebbe una bella sorpresa italiana in tutto il mondo. Stupiremmo tutti”.