SU RIVIERA OGGI N.855

MONTEPRANDONE – “Un altro centro commerciale qui vicino? Sarebbe la nostra rovina, ce ne sono già troppi”. Ai negozianti monteprandonesi non è piaciuta l’idea della costruzione di un nuovo centro commerciale a Centobuchi, che per ora resta solo un’eventualità e non ancora una certezza. La decisione dipenderà infatti dalla Regione, cui spetterà di concedere o meno l’autorizzazione alla richiesta dei privati, in questo caso la società Polo Holding di Fano. In alternativa al centro commerciale, l’area in via Scopa, situata a pochi metri dal Centro Agroalimentare e da Porto Grande, potrebbe trasformarsi in un parco commerciale o in un grande outlet. Si tratta di una zona strategica che all’inizio faceva gola persino al gruppo svedese Ikea, che ha poi abbandonato il progetto a causa delle lungaggini amministrative.

A rendere possibile tutto ciò è stato l’accordo di programma, siglato in Provincia a fine dicembre dopo un iter durato 3 anni, in base al quale un’area di Centobuchi, tramite una variante urbanistica al Prg, viene trasformata da artigianale a commerciale, riducendo al contempo la sua superficie edificabile (elemento definito dal sindaco Stracci come “non-consumo di territorio”). In cambio delle potenzialità edificatorie su quest’area, i privati realizzeranno un nuovo svincolo sulla superstrada Ascoli-Mare e un sottopasso ferroviario.

Le ipotesi su che cosa sorgerà in questa zona sono dunque diverse, ma tutte di tipo commerciale e destinate in qualche modo a mutare l’aspetto attuale del paese e della stessa vita cittadina. Riviera Oggi ha incontrato alcuni negozianti e baristi di Centobuchi per sentire il loro parere sull’eventualità di un nuovo centro commerciale, a ridosso di quello di Porto d’Ascoli. Luigino Capriotti del “Caffè centrale” si dichiara molto perplesso a riguardo: “Questo va ad incrementare il disagio che i commercianti già stanno vivendo. Se nascerà un nuovo centro, perderemo chiaramente una fetta di clienti. L’assessore Bordoni per essere più onesto avrebbe dovuto parlare del vantaggio che verrà all’amministrazione da questa concessione, in termini di ICI e di nuove opere che verranno realizzate”. Al contempo, “l’associazione dei commercianti, di cui anch’io faccio parte, – ammette il barista – è disunita e non ha fatto quasi nulla per opporsi a questa decisione, che tuttavia appare come un processo inarrestabile, già avviato da diverse amministrazioni”.

Il fotografo Mimmo Campanelli esprime un parere secco sull’argomento: “Non c’è bisogno di un altro centro commerciale, uccide i piccoli negozianti. L’abbiamo già detto all’amministrazione nel corso di una riunione coi commercianti”. Più moderato è il giudizio di Mariano Palmiroli, titolare del “Bar Palmarino”: “La notizia in sé mi crea disappunto, ma se serve a creare lavoro per i cittadini di Monteprandone potrebbe avere il suo lato positivo”. L’unica commerciante intervistata a non sembrare preoccupata è Domenica Losani, proprietaria di una lavanderia sulla Salaria: “Nel mio lavoro, come in quello del panettiere o del macellaio, conta il rapporto di fiducia che si è instaurato col cliente. Tutti all’inizio andiamo a provare questi nuovi negozi e centri commerciali ma poi la curiosità svanisce e torniamo dove andavamo prima”.

Giancarlo Vagnoni di “Car System Plus” fornisce invece un’analisi più amara sulla vicenda: “Lo svincolo è un’opera che noi commercianti avevamo chiesto da tempo, ma per alimentare la domanda del mercato cittadino, e non all’opposto per allontanare i clienti dal centro del paese. Centobuchi diventa così un paese dormitorio, un luogo amorfo, che non viene più vissuto dai suoi abitanti se non dagli anziani e dagli extracomunitari, le uniche categorie sociali che ancora usufruiscono del negozio sotto casa”. L’idea che a farne le spese sia il centro cittadino è quasi unanime, ed è condiviso anche da Roberto Corradetti di “Hr Beautiful Hair”: “Non trovo alcun vantaggio per i cittadini, ma semmai per le grandi società che monopolizzano il mercato, creando dei cartelli e distruggendo le piccole attività”. Attività che pure avrebbero qualcosa in più da offrire rispetto alla grande distribuzione, in termini di rapporto col cliente, convenienza e qualità dei prodotti, secondo lo stesso Corradetti e Regina Massi del “Mercatino elettrico”. Sulla stessa linea di pensiero i giovani titolari del Caffè Milù, Emirene Traini e Luciano Giobbi: “Di centri commerciali in questa zona ce ne sono già troppi – affermano – e tolgono il lavoro alle piccole imprese”. Sarcastico infine il giudizio di Sandro Campanelli di “Franca Calzature”: “Sono contento che lo facciano, – afferma – aiuterà a far morire prima il paese”.

Il quadro che emerge appare fin troppo evidente. La speranza è che si trovino le soluzioni meno nocive degli interessi cittadini e più adatte ad una collettività, già messa a dura prova dalla crisi.