SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ritorna in aula il processo sul caso della bambina chiusa a chiave nel bagno della stazione di Porto d’Ascoli nell’aprile del 2008. Ascoltati in aula nuovi testimoni per chiarire alcuni punti oscuri della vicenda. La madre dell’imputata e nonna della piccola ha sostenuto che la mano di quel gesto forse sarebbe stata manovrata dal compagno di sua figlia, mentre il Capostazione imputato nella vicenda, ha ribadito di non aver mai consegnato le chiavi dei bagni ai due giovani. La corte ha rinviato il caso per esaminare nella prossima udienza i video di sorveglianza che sembrerebbero nascondere dettagli utili al processo.

Un uomo sentì il suo pianto. La piccola aveva 5 anni all’epoca dei fatti e venne trovata nel locale dei servizi igienici dello scalo di Porto d’Ascoli. Per la Procura tutto questo si riassume in abbandono di minori e l’otto giugno del 2010, è iniziato il processo a carico dei presunti autori con le prime testimonianze sul caso.

Nella seconda udienza del 26 ottobre 2010, un militare dell’Arma ha ricordato che la madre della bambina arrivò a pochi minuti dalla liberazione sostenendo fatti che secondo il Carabiniere contrasterebbero con i contenuti dei filmati di sorveglianza della stazione (acquisiti durante il corso delle indagini).

Molti dettagli e molti testimoni. Ultimo tra i tanti, la nonna della bambina e madre dell’imputata, che l’otto febbraio 2011 è stata chiamata a testimoniare sui fatti. La donna ha parlato poco dell’evento specifico soffermandosi in particolar modo sulla relazione a suo dire controversa tra la figlia e il suo compagno anch’egli imputato.

Secondo la sua testimonianza, a spingere la figlia nel compiere un gesto così riprovevole potrebbe esser stata la persuasione del giovane fidanzato: “Gli diceva di abbandonarla perché malata”, ha riferito al Giudice Giuliana Filippello.

Dopo di lei anche il Capostazione ha rilasciato la sua versione dei fatti. In base alla sua deposizione sembrerebbe che la coppia quel giorno avrebbe chiesto ripetutamente la chiave di quel bagno dei disabili ma senza ottenerla dalle sue mani: “Quel bagno è dei disabili – conferma al giudice – e loro non erano disabili e mi sono rifiutato di dare loro la chiave”.

Alle dichiarazioni del Capostazione il Giudice ha chiesto chiarimenti circa le modalità d’intervento che a quanto pare, non sembrano convincere la corte in quanto non si capisce come mai si possa chiudere un bagno a chiave senza avere di fatto una chiave. Qualcuno aveva una copia?

Del caso al momento rimangono circostanze poco chiare e contrastanti. Sarà la magistratura nella prossima udienza a verificare grazie al confronto con i filmati di sorveglianza della stazione, l’attendibilità dei testi e le vere responsabilità che hanno spinto una fanciulla indifesa all’interno di un bagno della stazione.